Il 2011 è stato segnato da decine di vicende di tangenti a livello locale. Dal preside al medico, dal funzionario comunale al sindaco. Per la Corte dei conti il costo della corruzione vale 60 miliardi annui
Casi di piccola corruzione che coinvolgono il cittadino comune. A fianco di scandali di livello nazionale, che coinvolgono aziende come Finmeccanica. Inchieste su tangenti con al centro politici di destra. E di sinistra. Ci sono Marco Milanese, deputato del Pdl ed ex braccio destro di Giulio Tremonti, e Alberto Tedesco, ex senatore del Pd coinvolto nell’inchiesta sulla sanità pugliese. Entrambi salvati dall’arresto grazie a un voto del Parlamento. Filippo Penati e Franco Nicoli Cristiani sono ex colleghi di schieramenti opposti alla vice presidenza del Consiglio regionale della Lombardia. Il primo è nel mirino della magistratura per un giro di presunte tangenti sull’ex area Falk di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Il secondo è finito in manette perché trovato in casa con i 100mila euro che l’imprenditore Pierluca Locatelli gli aveva consegnato per facilitare i permessi per una discarica. Ma l’almanacco della mazzetta 2011 è pieno di nomi di politici che operano a livelli più bassi. Rimanendo in Lombardia, per l’ex sindaco di Cassano D’Adda, Edoardo Sala, sono state predisposte le misure di custodia cautelare in carcere a conclusione di un’indagine su tangenti per tre milioni di euro legate a modifiche del piano urbanistico.
Risultato: nella classifica del Corruption perception index redatta ogni anno dall’organizzazione non governativa Transparency International l’Italia è scivolata nel 2011 dal 67esimo al 69esimo posto, seguita tra i Paesi dell’Unione europea solo dalla Grecia. “L’indicatore della corruzione precipita – spiega Maria Teresa Brassiolo, presidente di Transparency International Italia – influenza il rating del nostro Paese e quindi anche lo spread”. Come a dire: le conseguenze economiche delle tangenti sono più gravi di quanto si pensi. “Rispetto al resto del Continente – continua Brassiolo – in Italia è molto più diffusa la piccola corruzione”. I protagonisti del malcostume non sono quindi tanto i manager delle grandi multinazionali, poco numerose da noi, ma l’imprenditore locale, l’assessore del piccolo Comune, il consigliere della municipalizzata o il funzionario pubblico. Fenomeno che secondo Brassiolo dipende dal fatto che “in Italia c’è una tolleranza maggiore dei cittadini alle situazioni ingiuste e all’illegalità: sono in tanti a cercare di trarne vantaggio, senza scandalizzarsi”. A un cittadino, insomma, viene chiesta una mazzetta. E lui, anziché indignarsi e sporgere denuncia come accadrebbe in altri Paesi, spesso si accorda con la controparte.
A volte, però, qualcuno non ci sta. Come il pensionato novantenne che lo scorso aprile ha fatto arrestare in flagranza di reato un ufficiale giudiziario di Roma: gli aveva chiesto 200 euro come obolo per ottenere l’esecuzione di uno sfratto per morosità. In carcere, a dicembre, è finito pure Gianluca Carta, il geometra del Comune di Milano che ha chiesto alla griffe Bluemarine 2mila euro per un aiutino al permesso per aprire un negozio.
Almeno altri due sono i casi nell’ultimo mese dell’anno che rendono bene l’italico malcostume. Carlo Cetera, primario di Ginecologia all’ospedale Pieve di Cadore (Belluno), speculava sui sogni di maternità e paternità delle coppie che non riuscivano ad avere figli e chiedeva fino a 2.500 euro per ridurre i tempi di attesa per accedere alla procreazione assistita. Questa l’ipotesi degli inquirenti che hanno ottenuto il suo arresto. Alessandro Zeschi, ispettore dell’ufficio stranieri del commissariato Prenestino a Roma, aveva invece buon gioco con gli immigrati: niente bustarella, niente permesso di soggiorno.
Tra le cause del proliferare della corruzione in Italia Nicola Pasini, docente di Sistemi politici e amministrativi all’Univeristà degli studi di Milano, individua il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione: “Spesso i meccanismi farraginosi della burocrazia rappresentano degli ostacoli per aggirare i quali vengono usate le mazzette”, spiega. In Italia poi non esiste un sistema di lobbying trasparente, ma i tentativi di influenzare i funzionari pubblici vengono fatti di nascosto. “E la stampa – continua Pasini – non svolge la sua essenziale funzione di cane da guardia”.
Così accanto alla cricca di Balducci, Anemome e Bertolaso, finita sotto inchiesta per gli appalti del G8, crescono su un terreno fertile le piccole cricche. Come quella dell’isola di Ponza, dove a settembre è stato arrestato il sindaco Pompeo Rosario Porzio, insieme a tre assessori e tre imprenditori: tutti accusati di essersi messi d’accordo sull’affidamento di undici appalti, per un valore complessivo di tre milioni di euro. Giunta decapitata sull’isola dei vip. E giunta colpita da uno scandalo dopo l’altro a Parma, dove tre mesi fa il sindaco di centrodestra Pietro Vignali si è arreso alle manifestazioni di indignati sotto il municipio. E si è dimesso, dopo che per tangenti gli erano via via stati arrestati il capo dei vigili, un assessore e diversi funzionari comunali .
Non è solo nei bar di Parma che si è parlato di corruzione oltre che di sport. A Venezia sette dipendenti comunali sono finiti in manette a fine marzo per mazzette su permessi per l’ampliamento di strutture turistiche, mentre a inizio febbraio erano stati arrestati due funzionari della Provincia e cinque imprenditori: le mazzette arrivavano al 3% su almeno 5 milioni di lavori pubblici e il procuratore aggiunto del capoluogo veneto, Carlo Mastelloni, aveva parlato di una “cricca degna di Tangentopoli”.
Un bel po’ più a sud della Laguna, sotto il Vesuvio la moda 2011 è stata la mazzetta pro assunzione. Per un giro di tangenti imposte a chi ambiva a un posto di lavoro sono stati arrestati Sabato Carotenuto, ex direttore dell’azienda trasporti di Napoli (Anm), e Vincenzo Colimoro, dipendente dell’azienda e sindacalista Uil. Questo accadeva a maggio. Passati due mesi, a finire sotto accusa è stato il sistema di assunzioni clientelari e il giro di tangenti in un’altra municipalizzata: l’Asia, che nel capoluogo campano vuol dire raccolta di rifiuti.
Dalle Alpi alla Sicilia abitudini simili. Eppure, in mezzo allo Stivale, il disegno di legge anticorruzione continua a rimanere bloccato in Parlamento. Il Fatto quotidiano ha già portato avanti nel 2010 una campagna per un testo più rigoroso di quello in discussione allora e mai approvato. “La legge va votata al più presto – sostiene Maria Teresa Brassiolo – con alcune correzioni coerenti con gli impegni internazionali. Va introdotto ad esempio il reato di corruzione tra privati, perché anche una mazzetta data da un fornitore al buyer di un supermercato incide sui costi dei cittadini”.
Secondo Nicola Pasini è essenziale poi intervenire non solo a valle del malaffare, punendone i colpevoli. Ma bisogna anche fare prevenzione, “attraverso l’educazione civica nelle scuole e l’insegnamento nelle università dell’Etica pubblica, una disciplina che è presente in tutte le business school dei Paesi anglosassoni. Importante sarebbe poi dotare gli enti di opportuni codici etici”. Misure che, secondo Pasini, potrebbero portare a un cambiamento di mentalità, necessario per sconfiggere la corruzione. Visto che dagli anni di Tangentopoli ad oggi non si è indebolita “la collusione tra sistema politico, sistema economico, burocrazia pubblica e anche società civile”.
Battaglia difficile in un Paese dove le bustarelle non sono solo un mezzo per accaparrarsi opere pubbliche. Grandi classici si sono infatti confermate per tutto il 2011 anche le mazzette offerte dalle imprese funebri agli infermieri delle camere mortuarie per ricevere prima dei concorrenti i dati sulla famiglia del caro estinto di turno. E le tangenti chieste da funzionari pubblici di mezza Italia per consegnare senza troppi problemi la patente di guida, quella nautica o una qualsiasi licenza.
Tutti fenomeni destinati ad aggravarsi con la crisi, che secondo Maria Teresa Brassiolo un effetto lo ha già avuto: “Il sistema statale è in ritardo coi pagamenti per 60 miliardi di euro – dice -. E così alla corruzione nella fase di aggiudicazione dell’ordine si aggiunge quella nella fase del pagamento”. All’imprenditore magari viene chiesta un oliatina per far partire il bonifico. E se lui non ci sta, rischia il fallimento.