Giornata da dimenticare per la Borsa di Milano. Trascinata al ribasso dal disastro di Unicredit e dei bancari in genere, Piazza Affari chiude le contrattazioni con un pesante -3,65% peggior risultato d’Europa. Negative anche le principali borse del Continente: -0.25% per Francoforte, -0,77 per Londra, -1,53 per Parigi nonostante il risultato positivo dell’asta sui titoli a 10 e 30 anni, -2,79 per Madrid. Male anche il mercato sovrano con lo spread Btp/Bund che si attesta a quota 519 punti base.
A pesare negativamente, come si diceva, è il secondo tracollo consecutivo di Unicredit. Il titolo di Piazza Cordusio, che ieri aveva chiuso a -14,4%, cede oggi il 17,27% sotto il peso di una spirale negativa innescata nei giorni scorsi dall’annuncio del maxi aumento di capitale. L’operazione, che prevede l’emissione di nuovi titoli con un sconto effettivo del 43% rispetto al valore di mercato al momento dell’annuncio, ha creato malumore presso gli azionisti e i mercati che si attendevano una riduzione, si dice, non superiore al 35%. Gli investitori, stimolati implicitamente a cedere i titoli per riacquistarli a prezzo di favore in seguito, hanno così dato il via alla corsa al ribasso. Ma sul calo generale odierno gravano anche altri fattori.
Tra questi anche la crisi ungherese, ennesima tegola sul futuro del Continente. I colloqui tra il Paese e il Fmi, corso in aiuto di Budapest già nel 2008 di fronte al rischio default, sono attualmente fermi. Lo scoglio principale è rappresentato ovviamente dalla decisione del governo del premier Viktor Orban di approvare una legge che limita l’indipendenza della banca centrale magiara, con tanti saluti alle richieste del Fondo monetario e al Trattato di Lisbona. In sintesi, se l’accordo non venisse raggiunto l’Ungheria rischierebbe di diventare insolvente scatenando una crisi interna senza precedenti e innescando un effetto contagio che interesserebbe anche le due banche italiane maggiormente presenti nel Paese: Unicredit e Intesa San Paolo. Quest’ultima ha chiuso oggi a -7,33%.
A spingere ulteriormente al ribasso Piazza Cordusio, infine, c’è la persistente sensazione negativa che aleggia attorno all’istituto stesso, protagonista di un’annata molto negativa in Borsa, e ai soliti fantasmi della crisi europea. Da un lato c’è la perdita di valore dei titoli sovrani italiani, cui Unicredit è esposta per 38 miliardi, dall’altro il probabile aggravarsi della crisi bancaria in Europa. Il governo spagnolo ha stimato oggi in 50 miliardi di euro il costo di ricapitalizzazione dei suoi istituti privati, un dato estremamente preoccupante. Difficile, per il momento, ipotizzare la durata dei ribassi su Unicredit che tuttora, spiega un analista di Borsa Italiana “sembrano più legati alle tecnicalità finanziarie piuttosto che ai fondamentali dello stesso istituto”. In pratica, l’ondata di ribasso sembra andare in scia con le difficili condizioni del collocamento azionario, dall’entità stessa dell’aumento di capitale (7,5 miliardi, terza operazione degli ultimi 15 anni a Piazza Affari come spiega oggi Il Sole 24 Ore) fino al forte sconto applicato, piuttosto che a una reale paura sulla tenuta di medio periodo della banca. Per questo, aggiunge l’analista, “le ipotesi di collasso sono da escludere”. L’unica buona notizia di giornata viene dal calo dei depositi overnight presso la Bce che due giorni fa avevano fatto registrare il massimo storico a 453 miliardi circa. Il livello attuale (443 miliardi) resta tuttavia ancora elevato, a dimostrazione della persistente sfiducia nei confronti di un Continente in sostanziale recessione (come dire, meglio depositare la liquidità a tassi minimi piuttosto che rischiare di prestarla a banche e imprese).
Nella giornata di oggi, intanto, Mario Monti ha preso il volo alla volta di Bruxelles per iniziare il giro di consultazioni che lo porterà a incontrare nell’ordine Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e David Cameron. Nel mirino c’è la riunione dell’Eurogruppo prevista per il prossimo 23 gennaio quando Monti tenterà di guadagnare la fiducia dell’Ue presentando il suo piano di rilancio dell’economia italiana con l’intenzione, al tempo stesso, di sostenere una mediazione efficace tra le posizioni di Germania, Francia e Gran Bretagna. Due traguardi che sembrano ancora molto lontani.