Dietro il licenziamento o le dimissioni che dir si voglia di Raphael Rossi dalla presidenza di Asìa, la municipalizzata dei rifiuti di Napoli, ci sarebbe stato uno scontro su questioni di soldi. E più precisamente, sui costi di gestione e sulle consulenze firmate dal giovane manager venuto da Torino su chiamata del sindaco Luigi de Magistris per rilanciare un’azienda ingrippata e per avviare sul serio la raccolta differenziata nella città delle emergenze continue. E’ la tesi che fa capolino da un documentato articolo di Adolfo Pappalardo su Il Mattino. Nel quale si fa riferimento a un report commissionato ai dirigenti di Asìa dal vice sindaco con delega all’Ambiente, Tommaso Sodano, sui sei mesi della presidenza Rossi. Interpellato per dire la sua sulla vicenda, Sodano preferisce non commentare precisando però di non aver commissionato nessuna relazione. Ma non ne smentisce il contenuto, limitandosi ad aggiungere “che quando c’è un cambio di management in un’azienda è normale che chi subentri voglia sapere come ha lavorato chi lo ha preceduto”.
Il report citato dal Mattino, punta il dito su 5 consulenze decise da Rossi per un totale di 150.000 euro circa. Quattro di queste consulenze sono state chieste ai collaboratori più fidati di Rossi, provenienti anch’essi da Torino: si chiamano Robiati, Di Polito, Varisotti e Vecchiotti e da tempo fanno squadra con il manager torinese. La quinta consulenza riguarda Studium, società che si occupa di studi in materie ecologiche, fondata dal professore di Sociologia della Sapienza di Roma Domenico De Masi. Sono tutte consulenze inferiori alle 50.000 euro, limite entro il quale Rossi, conformemente ai pieni poteri attribuitigli dall’azionista (il Comune di Napoli), poteva deliberare senza informare il Cda. Circostanza che però avrebbe fatto arrabbiare qualcuno, indispettito dal non aver potuto analizzare il curriculum e le competenze dei professionisti scelti. O forse semplicemente per non averne potuti indicare altri al loro posto. Malumori comunque generici, quelli messi nero su bianco sul documento, nel quale sarebbero finite anche le spese relative alla presidenza Rossi. Lo stipendio del manager torinese ammontava a circa 2500 euro al mese. Ai quali, però, si dovrebbero aggiungere un rimborso non forfettario di 2400 euro, il costo dell’appartamento in affitto occupato dal manager, le spese telefoniche e il rimborso delle spese di viaggio andata e ritorno verso Torino, dove Rossi ha casa e famiglia.
In assenza di spiegazioni convincenti da chi avrebbe dovuto fornirle, le ragioni dell’avvicendamento di uno dei simboli della rivoluzione arancione alla guida di Asìa, assomigliano a un complicato puzzle di tasselli. Andrebbero incastratati tutti e bene, per avere un quadro chiaro. Ma i tasselli stanno emergendo in maniera frammentaria, uno alla volta, e forse ne mancano ancora diversi. Cosicché il quadro riporta molti pezzi bianchi e altri poco chiari. Del puzzle fanno sicuramente parte i numerosi ‘no’ pronunciati da Rossi, i cui pieni poteri hanno finito per infastidire qualcuno, e ricordati sul blog aperto sulla versione web de ‘Il Fatto Quotidiano’, tra i quali quello all’assunzione di 23 ex lavoratori ultracinquantenni del bacino Napoli 5, sul quale ha riferito ai magistrati che indagano sull’Immondizia Connection a Napoli. E un tassello importante del puzzle è sicuramente il deterioramento dei rapporti con Sodano, che su molte vicende sindacali e gestionali ha assunto posizioni diametralmente opposte a quelle di Rossi. Ora spunta il tassello delle spese di gestione dell’Asìa. Sulle quali Rossi ha assicurato che spiegherà tutto nelle prossime ore sul suo blog.