La madre della piccola uccisa: "C'era qualcuno che ci seguiva". Continua la caccia ai malviventi: dodici arresti in poche ore, ma la comunità cinese denuncia minacce: "Pagate o farete la fine di Zhou". Gli abitanti di Tor Pignattara rimpiangono le bande romane: "Quando c'erano loro queste cose non succedevano"
L’arma ritrovata dai carabinieri nei pressi di una clinica in zona Prenestina non è quella che ha ucciso un cittadino cinese di 31 anni, Zhou Zeng e sua figlia di 6 mesi, due sere fa a Roma dopo un tentativo di rapina finito male nel quartiere di Tor Pignattara. A quanto si è appreso, si tratta di una pistola calibro 7,65, sequestrata nel corso delle perquisizioni messe in atto dai militari subito dopo l’omicidio
Secondo le dichiarazioni della madre, unica superstite, potrebbe esserci un terzo uomo nel commando omicida. La donna, ricoverata all’ospedale San Giovanni per le ferite riportate durante la colluttazione, ancora sotto choc e ignara della morte della figlia, ha ricostruito gli attimi precedenti all’azione criminale, ricordando che, appena abbassata la saracinesca dell’esercizio commerciale che gestiva con il marito, un uomo li avrebbe seguiti fino a sotto il portone della loro abitazione, dove sono entrati in azione i due malviventi che con un colpo solo le hanno distrutto la famiglia. “Dopo che abbiamo abbassato la saracinesca del bar, una persona con un cappellino a visiera camminava dietro di noi, accelerava e diminuiva il passo a seconda della nostra andatura e parlava al cellulare. Poi, quando siamo arrivati vicino casa, non l’ho più vista e sono arrivati i due rapinatori”.
Un particolare che, se confermato, cambierebbe i contorni logistici del fatto di sangue: non più una coppia di criminali, bensì una banda vera e propria che avrebbe organizzato tutto sin nei minimi dettagli. Tre persone, quindi, che poi sarebbero fuggite su uno scooter parcheggiato poco distante.
Nel frattempo, continua la caccia all’uomo da parte delle forze dell’ordine, da oggi impegnate in un’operazione di sicurezza che ha portato all’arresto di 12 persone in poche ore e al ritrovamento della borsa rubata durante la rapina. All’interno, effetti personali e diecimila euro in contanti, cifra doppia rispetto a quanto emerso in un primo momento. L’obiettivo dell’azione criminale, infatti, sarebbe stato l’incasso di giornata dell’attività commerciale della famiglia, che gestisce un bar con annesso servizio di ‘Money transfer’. Nella giacca di Zhou Zeng, però, c’erano tremila euro in contanti, circostanza che aveva fatto prefigurare il fallimento del colpo. Oggi, però, ecco il colpo di scena: la rapina, nonostante lo spargimento di sangue, era andata a buon fine. Tutte da chiarire, invece, i motivi che hanno spinto i malviventi a sbarazzarsi del bottino.
La reazione dello Stato (che ha inviato nella capitale 130 uomini di rinforzo per pattugliare i quartieri a più alta densità criminale), tuttavia, non ha placato la rabbia e lo sconforto della comunità cinese della capitale e di tutta la popolazione del quartiere. I romani di Tor Pignattara, ad esempio, arrivano a rimpiangere i tempi della vecchia malavita romana. “Se ci fossero ancora loro, quelli della banda della Maranella, tutto questo non sarebbe successo” ha detto una signora alla cronista del Messaggero, ricordando l’epoca in cui nelle periferie si sparava, c’erano i regolamenti di conti tra bande avversarie, ma non si arrivava a uccidere gli innocenti. “Ma come si fa a sparare in faccia ad una bambina di sei mesi? Devi essere pazzo, non ci devi stare con la testa”, è il parere di un’altra donna, anche lei romana, anche lei di Tor Pignattara, dove le testimonianze di chi ci abita fotografano una situazione a tinte fosche: pochi controlli delle forze dell’ordine, volanti della polizia assenti, una terra di nessuno in cui l’integrazione fra le varie etnie è ancora un miraggio. Da oggi qui ci saranno polizia e carabinieri, ma tra la gente la domanda è sempre la stessa: “Ci voleva il morto per avere un po’ di protezione?”.
Intanto la comunità cinese della Capitale è in stato di allerta. Telefonate anonime, richieste di pizzo e minacce: “Pagate o farete la stessa fine di Zhou“, ha denunciato il presidente dell’associazione dei commercianti cinesi, che porta alla luce una realtà sin qui sottovalutata: scippi, rapine e atti di violenza contro asiatici sarebbero eventi di ordinaria amministrazione in molte zone di Roma. Loro, i cinesi, non denunciano per timore di ritorsioni. E vivono nel terrore.