“Mi gettano addosso l’acqua gelida. Sono pieno di lividi a causa delle botte che mi hanno dato. Ho perso molti chili, perché ci danno poco da mangiare. Da qualche giorno, ci hanno trasferito in un’altra prigione”. Queste sono le poche parole che è riuscito a dire mio cugino Maher ai suoi genitori, durante una sua inaspettata telefonata, frutto della collaborazione – corruzione di qualche guardia. Maher è stato sequestrato, insieme a decine di altri giovani, i primi giorni di dicembre, durante il rastrellamento compiuto dall’esercito e dalle milizie del regime siriano, nel villaggio di Talkalakh al confine con il Libano. Ignaro di quello che gli sarebbe accaduto, mio cugino si trovava nel cortile di casa, a fumare una sigaretta, quando i soldati lo hanno arrestato e caricato in un camioncino. Da quel giorno nessuno dei miei famigliari ha più avuto notizie di lui, fino alla sua inattesa chiamata.
In Siria accade anche questo, trovarsi nel proprio cortile, venir caricato in un furgone e sparire senza motivo, così da accrescere il numero dei desaparecidos siriani. Ad oggi sono qualche migliaio le persone di cui non si ha notizia, mentre il numero dei prigionieri attualmente rinchiusi è di circa 15 000. Il Cns – Consiglio nazionale siriano – ha stimato che le persone rinchiuse nelle carceri, potrebbero essere addirittura centomila.
Mentre la delegazione degli osservatori arabi, guidata dal sudanese Mohamed Hamed Mustafa al-Dabi – che nel 1990 fu capo dei servizi segreti sudanesi, responsabile di arresti arbitrari, torture e crimini di ogni genere -, “osserva” ciò che accade in Siria, le persone continuano a scomparire, i cecchini rimangono sui tetti e Assad continua il massacro. La Lega araba ha dimostrato incaricando Al Dabi – senz’altro abituato visto il Darfur, alle sparizioni di migliaia di persone e alle carneficine – che si vuole dare ulteriore tempo alla Siria. Il popolo siriano è abbandonato dalla comunità internazionale e dalla lega araba. Khaled Khalifa, scrittore siriano, scrisse qualche giorno fa in un articolo, che il popolo siriano si sottrarrà da solo al martirio. Ritengo che tutti noi dobbiamo fare la nostra parte per evitare che migliaia di altre vite vengano spente, senza lasciare un popolo solo ad affrontare la morte.
Ricordo che nel passato in Italia ci siamo mossi tutti per Sakineh, la donna iraniana che rischiava la lapidazione, organizzando marce e fiaccolate. Abbiamo appeso la foto del volto di Sakineh, fuori da molti palazzi delle istituzioni italiane. Oggi in Siria milioni di persone rischiano la vita per la libertà. Perché non ci muoviamo per salvare la vita dei siriani, come abbiamo fatto per Sakineh? Mentre il mondo resta ancora una volta a guardare – come se la storia non avesse insegnato nulla – l’ennesimo dittatore che ammazza il suo popolo, i ragazzi come Maher scompaiono in Siria, e migliaia di famiglie sperano di ricevere una telefonata.
Nella foto le proteste contro il presidente siriano Bashar Assad, il 30 settembre 2011 (Lapresse – clicca qui per ingrandire)