Il titolo“violenza sulle donne”, è diventato un mantra. Si ripete nei secoli. E c’è sempre qualche “penna femminile” chiamata a commentare. Poi le nuove vittime, a mazzi di due o di tre, sempre giovani, vengono seppellite e archiviate. Gli assassini sono quasi sempre i fidanzati. Uomini che non volevano essere lasciati. Uomini lesi nella loro maestà di maschi. L’arma è sempre il coltello, questo feroce prolungamento del fallo. Qualche foto, qualche riflessione cupa, qualche battuta del vicino di casa “sembrava tanto un bravo ragazzo”. L’immancabile facebook, dove si ritoccano profili, si creano identità fittizie per minacciare, si accettano centinaia di amici e non si conosce davvero mai nessuno. Il copione si ripete con poche variazioni. Nel 2010 sono state uccise 127 donne. Quasi sempre dai loro uomini. Il 2011 si è chiuso con l’assassinio di Stefania, il 2012 si è aperto con l’assassinio di Antonella.
Quante ne faranno fuori quest’anno? Quanto sangue deve scorrere prima che quel titolo, da mantra di cronaca nera, diventi allarme sociale? Che cosa c’è, dietro queste crisi di intolleranza verso la libertà femminile di dichiarare la fine di un amore? Vogliamo parlarne, capire e prevenire? Se non ora, quando?
Il Fatto Quotidiano, 8 gennaio 2011