E’ notizia di ieri che a Policoro, in Basilicata, un operaio 58enne ha tentato di togliersi la vita in quanto profondamente depresso per il fatto di non poter andare in pensione come previsto sino al fatidico 4 Dicembre 2011.
Fermo restando che una vita è importante sempre, non so se sia positivo o negativo il fatto che non sia riuscito nel suo intento, questo solo il diretto interessato e probabilmente il tempo potranno dirlo; la cosa mi ha colpito perché è accaduta il giorno dopo a quello in cui Monti e Passera hanno spiegato ai Francesi come in Italia la loro riforma delle pensioni sia stata accolta con flemma britannica dai cittadini. Io ieri contestavo in un post su questo blog che ciò fosse vero ma certo non desideravo avere una prova così cruda, anche se i presupposti per cui cose del genere possano succedere purtroppo ci sono tutti; io stesso devo confessare di camminare spesso sul filo della depressione perché l’incertezza sul futuro abbinata a un’età nella quale non si vedono prospettive, stante l’atteggiamento del mondo del lavoro verso i 60enni, forma un mix difficile da sostenere.
La cosa peggiore, però è che il signore di Policoro, io e le altre decine di migliaia di persone in condizioni di sconforto più o meno accentuato, siamo, come il personaggio dei romanzi di Manuel Scorza, Garabombo, invisibili. Garabombo si accorse di essere invisibile mentre faceva petizioni alla pubblica autorità del Perù; noi siamo invisibili alla maggioranza dei grandi media qui in Italia, con poche degne eccezioni e questo ci rende invisibili all’opinione pubblica. E rende invisibili i numeri, le analisi e le cifre che i grandi media sicuramente conoscono bene, anche perché gliele abbiamo mandate più volte e vuole ostinatamente mantenere invisibili i motivi di questa riforma, che sono molto più gretti di quelli pomposamente sbandierati (questi sì) dai governanti e dai media.
Giorno per giorno aumenta la sensazione che il percorso di questa riforma sia stato l’esatto opposto di qualsiasi valido processo di pensiero, che prevede una fase sufficientemente lunga di analisi per arrivare alla sintesi e alle decisioni.
Qui si è iniziato il processo dalla soluzione che il drappello di avanguardia degli economisti liberisti aveva in mente e poi si è andati a ritroso tentando di costruire artificialmente le ragioni che rendevano necessaria quella soluzione, in materia di previdenza; e poi le ragioni sono state spiegate alla popolazione, anzi, l’ottimo lavoro (tecnicamente parlando) dei nostri media, ancorché non proprio limpido dal punto di vista dell’etica giornalistica, aveva cominciato a spiegarle ben prima.
E allora i colpiti dagli effetti di questa riforma, ipocrita nei presupposti e nelle giustificazioni date, devono restare invisibili; devono esserlo quando tentano di spiegare perché si poteva e doveva fare altrimenti, devono restarlo quando cercano di far capire quanto dirompenti siano le liste di proscrizione che potrebbero derivare dalla lotteria delle esenzioni e quando, come nel caso di Policoro, non ce la fanno più.
La storia insegna che, tipicamente, quando frange della popolazione vengono rese invisibili esistono due possibili sbocchi: l’oblio oppure la rivolta.
Né l’uno né l’altra mi sembrerebbero soluzioni praticabili né tantomeno auspicabili, pertanto sarebbe opportuno che gli invisibili tornassero visibili al più presto, agli occhi di tutti: politici, governanti, media, opinione pubblica.