Centri sportivi incendiati. Attacchi contro bar e attività commerciali. Auto che vanno a fuoco di notte. Prove che a Milano e dintorni la criminalità organizzata c’è. Ed è attiva. Nonostante fino a un anno fa le istituzioni lo negassero, in testa l’ex sindaco Letizia Moratti. Stamattina l’ultimo atto intimidatorio: una bomba carta contro il portone di un comitato di quartiere in via Lope de Vega, zona Barona, e un proiettile lasciato come ulteriore minaccia. La notizia arriva a Palazzo Marino e interrompe la conferenza stampa in cui i saggi della Comitato antimafia voluta da Giuliano Pisapia annunciano la volontà dell’amministrazione di reagire. Con il massimo impegno.

“Gli episodi che si sono verificati disegnano un contesto preoccupante – dice il presidente del comitato Nando Dalla Chiesa -. Qualcuno vuole condizionare il libero associazionismo, oltre che il commercio. Bisogna saperli difendere e diciamo basta a ogni forma di indifferenza”. Poi un’ammissione: “Certe cose non accadono, se non c’è un contesto compatibile”. Eppure solo venti giorni fa il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, in visita a Milano per l’inaugurazione della sede lombarda dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, affermava che in città la mafia esiste, ma non la sua cultura omertosa. Per Dalla Chiesa è importante che la responsabile del Viminale abbia confermato la presenza della criminalità organizzata. Ma le parole della Cancellieri sull’omertà sono state dettate “da un dovere di ospitalità da parte di un ministro invitato nel capoluogo lombardo e da un gesto di riconoscimento della differenza tra Milano e le città in cui la mafia domina storicamente”, aggiunge il presidente del Comitato, di cui fanno parte anche Umberto Ambrosoli, Luca Beltrami Gadola, Giuliano Turone e Maurizio Grigo.

Tutti presenti questa mattina in comune, per l’incontro con i presidenti dei Consigli di zona 8 e 9. Che a Milano significano anche quartieri difficili, come Quarto Oggiaro. Dove “nelle ultime settimane c’è stato un aumento di atti intimidatori – denuncia Simone Zambelli, presidente del Consiglio di zona 8 -. Sono quotidiani gli episodi di roghi di auto, segnali storicamente legati al racket”. Atti a cui si aggiunge l’esplosione di una bomba carta che la vigilia di Natale ha mandato in frantumi la vetrina della sede di zona del Pd e del circolo Arci Itaca, da sempre “baluardo di aggregazione sociale e di lotta alla criminalità – spiega Zambelli – in un quartiere permeato da una cultura di omertà e di violenza”. Un attacco simile a quello che hanno subito nell’ultima settimana altre due sedi del Pd, dall’altra parte della città, in via Eustachi e in via Marcona. Danneggiamenti per i quali Dalla Chiesa, escludendo una matrice di tipo politico, dice: “Gli attentati potrebbero essere non mafiosi, ma sono comunque eventi che possono nascere solo in contesti degradati, con illegalità diffusa”.

Milano è anche la città dove un centro sportivo comunale  che era gestito da uomini vicini alla ‘ndrangheta viene incendiato, per poi essere oggetto di altri atti vandalici, l’ultimo dieci giorni fa: è successo a partire dallo scorso ottobre al complesso Ripamonti di via Iseo, un tempo controllato dal clan Flachi. Zona Affori, la stessa dove nella notte tra il 23 e 24 dicembre è stato appiccato un rogo ai campi di calcio in erba sintetica del gruppo sportivo Afforese. “Non sappiamo ancora se dietro questo episodio ci sia la criminalità organizzata”, dice Beatrice Uguccioni, presidente del Consiglio di zona 9. Ma non nega la preoccupazione per un attacco che si va ad aggiungere a quelli di via Iseo, su cui l’ombra delle cosche è più che sospetta e contro cui bisogna alzare la voce. Come i cittadini in marcia nel quartiere hanno fatto lo scorso ottobre. “Perché se mafia e ‘ndrangheta esistono anche a Milano – afferma Uguccioni – si nutrono anche del silenzio e del quieto vivere”.

Dall’ascolto di quanto accade nei diversi quartieri è partita la battaglia del Comitato antimafia. Con una promessa: “Da questo momento omissioni di volontà politica non ce ne sono più”, assicura Beltrami Gadola. Perché la guardia non va abbassata, soprattutto “in un momento di crisi economica che costituisce un terreno fertile per la mafia”.

di Luigi Franco e Francesca Martelli

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