Anche il Regno Unito avrà la sua Tav. E, proprio oggi, il governo di coalizione fra Tories e Lib-Dems ha dato il via ai primi 32 miliardi di sterline di finanziamenti per la costruzione della tratta fra Londra e Birmingham. Insieme all’alta velocità in salsa britannica – i treni sfrecceranno a 300 chilometri all’ora entro il 2026 – così come è avvenuto in Italia, proteste, polemiche, opposizioni. Oltre sessanta associazioni dei territori coinvolte si sono messe insieme già nei primi mesi del 2010, un anno dopo l’annuncio dell’arrivo dell’alta velocità. Il governo dichiara di appoggiare il progetto, il Labour non si oppone e i sindacati sono perlopiù contenti per l’impatto sull’occupazione. Ma, nella più profonda campagna inglese, sindaci, persino preti, attivisti e liberi cittadini fanno sentire la loro voce già da tempo.
Justine Greening, ministro dei Trasporti del governo di David Cameron, presentando i finanziamenti ha tirato fuori il coniglio dal cilindro. Per cercare di mettere a tacere chi protesta, sono stati raddoppiati i tragitti sotterranei. I tunnel, quindi, come risposta ai malumori. Ma basterà una galleria ad addolcire gli animi dei protestatori? Fra Londra e Birmingham, una volta che la linea sarà terminata, il risparmio di tempo di percorrenza sarà di circa trenta minuti. Eppure chi vive lungo il tracciato teme per i lavori di anni, per l’inquinamento acustico, per lo scempio paesaggistico e persino per i portafogli dei contribuenti. Da Birmingham, poi, la linea proseguirà fino a Manchester e da lì fino alla Scozia, dove si pensa di arrivare entro il 2032. Ed è facile immaginare che le proteste si allargheranno a macchia d’olio fin oltre il Vallo di Adriano.
La HS2 Alliance (‘High Speed Two‘ è il nome della società incaricata dal governo di portare avanti i lavori) è l’associazione che riunisce i 70 gruppi contrari all’opera. Nei mesi passati fu avviata anche una campagna nazionale di sensibilizzazione al grido di «Lasciateci quei 51 milioni di sterline». A tanto, infatti, ammonterebbe il danno derivante dai lavori per ogni collegio elettorale attraversato dal tracciato, questo il calcolo fatto dalla stessa HS2 Alliance. Dal Buckinghamshire a Stratford-on-Avon, dal Leicestershire al sobborgo londinese di Camden – dove si calcola debbano essere abbattute almeno 200 abitazioni per fare spazio all’ampliamento della stazione di Euston – tanti territori sono in rivolta. Per ora, nei campi che dovranno essere attraversati dai binari si è vista qualche manifestazione pacifica: ancora non sono arrivate le violenze anche se la rabbia di tanti britannici è latente.
Da parte sua, Cameron sostiene che la ricaduta economica per i territori sarà enorme, fra posti di lavoro ed economia rivitalizzata. Ma chi si trova lungo il percorso, è comunque preoccupato perché i benefici li avranno solo le grandi città dove i nuovi treni si fermeranno. Intanto, la Taxpayers Alliance – un’associazione di contribuenti – dice che l’opera sarà un “elefante bianco”, cioè quella che in Italia si definirebbe “una cattedrale nel deserto”. E trentadue miliardi di sterline, in tempi di crisi e di tagli alla spesa pubblica, non sono pochi. Anche Alan Francis, responsabile dei Trasporti per il Green Party, i Verdi inglesi, ne ha fatto una questione non solo ambientale, ma anche economica. Fra gli oppositori, poi, c’è il Wildlife Trust, movimento fondato 100 anni fa e che ormai conta oltre 800 mila membri, senza considerare le tante altre associazioni che si battono per un Regno Unito più verde.
In mezzo a tutto questo, i tunnel: 30 miglia di gallerie nella prima tratta sono il doppio di quanto preventivato. A questa scelta si è giunti anche dopo il recente sondaggio fra i britannici che ha coinvolto 55 mila persone, la cui conclusione è stata resa nota dal ministro Greening proprio oggi. Lo stesso ministro ha evitato di dare anticipazioni sui risultati del sondaggio, ma ha anche ammesso che in molti si sono lamentati per una enorme spesa a fronte di trenta minuti di viaggio risparmiati. Ma a lamentarsi, nei prossimi mesi, saranno anche tanti parlamentari. Cheryl Gillan, la 59enne ministro in Galles e deputato Tory, ha già minacciato di dimettersi nel caso si vada avanti con questi piani. E anche le campagne fra Londra e Birmingham sono a maggioranza conservatrice. Cameron corre quindi il rischio di trovarsi fra le mani tante patate bollenti. Nonostante i tunnel.