“Nessuno mi vuole credere. Però l’ho detto cosa farò: io quando parlo di Sarah e dico che mi faccio giustizia da solo, dico che la faccio finita. Poi voglio vedere se riescono a trovarmi”. Con queste parole, Michele Misseri apre, almeno simbolicamente, il processo per l’omicidio di Sarah Scazzi (oggi la prima udienza), la quindicenne uccisa il 26 agosto 2010 e gettata in un pozzo nelle campagne di Avetrana, paesino fino ad allora sconosciuto ai limiti tra la provincia di Taranto e quella leccese. Riparte così, ma realmente non si era mai interrotto, il circo mediatico intorno al contadino, accusato di soppressione del cadavere della nipote.
Ricomincia il terremoto televisivo per la figlia 23enne Sabrina e la moglie Cosima Serrano, entrambe in carcere perché ritenute dalla procura tarantina le assassine. Sabrina non vuole fotografie in aula: “Non farò la tigre in gabbia” ha detto dal carcere. Eppure nei primi giorni del caso era stata proprio lei a utilizzare a suo piacimento i mass media: interviste, presenza tv fissa, lacrime in favore di telecamera. E foto sui giornali, gli stessi che nei giorni scorsi hanno alimentato il senso del macabro pubblicando gli scatti del corpo di Sarah in fondo al pozzo in cui era stata nascosta dallo zio Michele. L’Ordine nazionale dei giornalisti ha attaccato la scelta del Corriere del Mezzogiorno, le foto incriminate sono state rimosse dai siti internet. Rimane il caso mediatico, deflagrato agli inizi d’ottobre in diretta tv a Chi l’ha visto: la 15enne è sparita nel nulla, la madre è ospite di Federica Sciarelli, la cronaca nera arriva prima del dolore dei protagonisti. Concetta Serrano sta parlando, non sa nulla, ma sul Web la notizia già c’è: Sarah è stata ritrovata, morta, in fondo a un pozzo artesiano in aperta campagna. E’ stato lo zio Michele. La conduttrice avvisa la donna, quest’ultima capisce di aver perso la figlia per sempre in diretta tv: non era mai successo prima. Succederà ancora? Ora il circo riparte.
Il contadino di Avetrana, i suoi parenti, gli avvocati, i consulenti, gli investigatori torneranno domani mattina a sfilare davanti al plotone di telecamere e cronisti, già pronto all’ennesimo assalto mediatico. La prima udienza per l’omicidio della 15enne si appresta a catalizzare, ancora una volta, l’attenzione degli organi di informazione locali e nazionali (almeno sessanta le testate accreditate). Toccherà al presidente della corte, Cesarina Trunfio, al giudice a latere, Fulvia Misserini, e a sei giudici popolari stabilire, alla fine delle udienze, se le due donne di casa Misseri sono colpevoli, oltre ogni ragionevole dubbio, della morte della ragazzina.
Spetterà a loro stabilire se Mimino Cosma e Carmine Misseri, rispettivamente nipote e fratello di ‘zio Michè’, hanno davvero aiutato i tre a sopprimere il cadavere in quel pozzo di contrada Mosca. Sempre loro dovranno accertare che i reati contestati ai parenti del fioraio, l’uomo che prima inchioda e poi scagiona le donne, hanno favorito Sabrina e infine se l’ex legale della ragazza, Vito J. Russo, ha davvero intralciato la giustizia, spingendo Ivano Russo, il presunto pomo della discordia tra le cugine, a rendere dichiarazioni più favorevoli a Sabrina.
Insomma, un normale processo per una brutta storia di provincia. Ma qui c’è la tv. Tanta tv. Qui la pressione mediatica è spinta al limite: molti dei testimoni chiave hanno risposto prima alle domande dei cronisti e poi a quelle degli inquirenti. Le luci dei riflettori sono già accese in via Marche. I mezzi satellitari pronti a occupare la strada e a trasmettere, ancora e ininterrottamente, i volti dei protagonisti, ad amplificare le parole, immortalare i gesti e descrivere persino gli abiti di chi si ritiene colpevole e di chi si professa innocente.