Saturno

Bobbio ai tempi di WikiLeaks

Einaudi ha riunito in un volume agile, sotto la cura dello studioso Mario Revelli, alcuni articoli di Norberto Bobbio dedicati allo “stato invisibile”, ai segreti della politica e al rapporto tra democrazia e trasparenza. Il titolo è Democrazia e segreto. Molti degli argomenti presentano elementi in comune con temi di dibattito sorti attorno all’attività di WikiLeaks e ai suoi rapporti con lo stato, con l’apparato diplomatico e con il mondo della politica in generale. Non è quindi esercizio inutile ragionare su una questione tornata così d’attualità quale la trasparenza radicale (Bobbio la definisce “assoluta”, Lessig e altri la definiscono “radical”) muovendo da tali considerazioni.

Al centro vi è il tema del “potere invisibile”. Gli scritti sono nati in un periodo, subito dopo Piazza Fontana, caratterizzato da episodi di manipolazione mediatica e da operazioni di depistaggio e dalla diffusione della consapevolezza dell’esistenza di poteri occulti che portarono Bobbio a ribadire la teoria del “doppio Stato” (l’esistenza di due stati, uno di diritto e uno discrezionale, che opera, quest’ultimo, al di fuori del principio di legalità “in base a un mero giudizio di opportunità”). Anche gli scritti successivi, pensati dopo la rivelazione dello scandalo della P2, radicarono ancora di più l’idea di un vero e proprio conflitto tra il segreto, il potere invisibile, e l’essenza stessa della democrazia (“l’opacità del potere è la negazione della democrazia”). Gli scritti degli anni Novanta sono dedicati, infine, al rapporto tra “segreto” e “mistero” e sono stati elaborati in periodo di stragi di mafia e di  grandi scandali di stato (tra cui, si ricordi, il caso Gladio, la cui componente “segreta” si rivelò componente essenziale del piano). Le conclusioni, per Bobbio, sono chiare: l’idea dell’esistenza di un potere invisibile è incompatibile anche con una concezione minima di democrazia.

Sono sei i punti di partenza che si possono desumere da questi articoli:
1) la necessaria visibilità della cosa pubblica;
2) il necessario controllo da parte dei cittadini;
3) il rischio dell’uso del segreto come strumento per coprire scandali;
4) i limiti a una trasparenza assoluta, e una “minima opacità fisiologica”;
5) il segreto di stato come eccezione, e non come regola;
6) il pericolo del segreto ottenuto anche attraverso il divario di conoscenza.

I primi due articoli, Il potere invisibile e Il potere invisibile dentro e contro lo Stato, trattano della democrazia idealmente intesa come il “governo del potere visibile”, con tutti gli atti svolti in pubblico e sotto il controllo della pubblica opinione. In realtà, nella storia, i poteri hanno agito i) “occultandosi”, e ii) “occultando”: “occultandosi”, ossia prendendo le decisioni in una sorta di consiglio segreto, e “occultando”, ossia operando attraverso la menzogna.

Molti progetti tecnologici dei giorni nostri che mirano all’apertura dei dati e della politica falliscono nel momento in cui non portano la trasparenza anche a questo primo livello di “consiglio segreto”, quello deliberativo che riguarda le decisioni interne, ad esempio, a un gruppo. Rarissimi sono i casi in cui la trasparenza si spinge fino a quel livello che, in realtà, è il più importante, mentre proliferano progetti che, pur nel loro nobile intento, sono concentrati al livello di diffusione e pubblicità dei dati finali (a volte già ordinati e aggregati) o, più raramente, ad alcune fasi intermedie del procedimento.

Il saggio successivo, Democrazia e Segreto, è della fine degli anni Ottanta, con un quadro politico (e un clima) sensibilmente mutato. L’analisi qui riguarda non solo il segreto ma anche il vedere/non vedere e il rapporto tra il “poter vedere”, in capo al re, e il “non poter vedere”, in capo al suddito. Maggiore è il potere se chi può vedere può vedere tanto, e se chi è visto non può a sua volta vedere, come accade nel progetto di un Panopticon o nelle atmosfere dei romanzi di Orwell.  Il “poter vedere” dello stato si concretizza oggi con strumenti di sorveglianza globale e di controllo diffuso o con sofisticate banche dati, strumenti che, inevitabilmente, possono però essere, per lo stato, a doppio taglio perché possono consentire anche al cittadino di vedere e testimoniare. Si pensi, ad esempio, a come il cuore di ogni azione di attivismo digitale sia, oggi, la testimonianza facilitata da smartphone e telefonini.

L’ultimo articolo, Segreto e misteri: i poteri invisibili, è del 1990. Viene illustrata la differenza tra segreto e mistero (“vorresti sapere, ma non puoi”). Anche in questo caso, si pensi, l’azione di WikiLeaks si è posta subito come strumento ideale per svelare misteri e risolvere dubbi. Più i documenti svelati soddisfano i desideri del cittadino (“vorrei sapere”), più questo obiettivo viene raggiunto.