Accade a Modena, piena Emilia Romagna, non a Casal di Principe, nel quartiere partenopeo di Forcella o nella provincia calabrese, dove l’Osservatorio Ossigeno sui cronisti minacciati dice che si concentra il maggior numero di intimidazioni ai giornalisti. E accade Giovanni Tizian, 29 anni, collaboratore dal 2006 della Gazzetta di Modena, del quotidiano online Linkiesta.it e del mensile Narcomafie.
Accade che il 22 dicembre riceva una telefonata, il giovane cronista, e che gli venga comunicato che per la sua sicurezza verrà messo sotto scorta perché, in base a informazioni investigative, il suo lavoro ha dato fastidio alle organizzazioni mafiose che operano in Emilia Romagna. È un “fulmine a ciel sereno”, dice Tizian, calabrese d’origine ed emigrato al nord dopo che nel 1989 suo padre venne ucciso a Bovalino, nella Locride, da quelle stesse realtà che oggi lo stanno minacciando. Realtà contro cui fa attività anche al di là del giornalismo in senso stretto, collaborando con l’associazione Da Sud e con l’archivio multimediale Stop ‘ndrangheta che acquisisce carte, dossier e che realizza inchieste a puntate.
“Finora non ho ricevuto mai nessuna minaccia o intimidazione”, afferma, “al massimo qualche querela, ma ero tranquillo da questo punto di vista perché sono articoli supportati da atti. Insomma, ero sereno anche dopo tanti anni che scrivo di questi argomenti. Spero che la situazione si risolva presto, ma intanto continuerò a fare le mie inchieste e questo voglio che sia chiaro a tutti, anche a chi non piace il mio lavoro”.
Precario del mondo del giornalismo – e questa è una “condizione che mi crea una doppia vulnerabilità”, aggiunge – è l’autore di un recente libro intitolato “Gotica. ‘Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea” e pubblicato da Round Robin Editrice. Si tratta di un testo concentrato sullo studio e sul racconto della criminalità organizzata laddove per tanto tempo si è teso a non vederla, al nord.
“Ricostruiscono un quadro che parte dagli anni Settanta”, dice Giovanni Tizian, “e ho fatto il parallelismo della mia emigrazione da ragazzino. A quel punto erano già gli anni Novanta, tempi in cui le mafie consolidavano il loro potere economico. È in quel periodo che iniziano a investire seriamente, a stringere quella rete di relazioni sociali che li rende così forti oggi. Da qui si parte per raccontare effettivamente, con carte e dati, un Settentrione diverso, sconosciuto, che inizia a Rimini e si estende fino alla cintura torinese passando da Genova, Bardonecchia, Bordighera, Ventimiglia e dalla Lombardia”.
Nel lavoro di Tizian si punta però su quella che per molti è “ancora una novità”, le infiltrazioni in Emilia Romagna. “Uno degli primi e ultimi libri che parla di questa regione e di mafia”, afferma, “è quello di Enzo Ciconte, ‘Mafia, camorra e ‘ndrangheta in Emilia Romagna‘, uscito nel 1998. Un testo importante che però deve essere aggiornato con gli anni successivi, quelli in cui un’altra regione, la Liguria, ha visto comuni sciolti per infiltrazioni e la tessitura rapporti con la politica. Qui invece, in Emilia, vanno indagati i legami sociali che sono punti forti per esempio nel settore imprenditoriale”.
Tizian parla un po’ a fatica, “sono ancora scombussolato dalla notizia della scorta”, ammette. Però non sembra intimidito e il tono di voce si alza quando torna sul suo lavoro. Con una consapevolezza, come nel caso di Giulio Cavalli, l’attore lodigiano finito sotto protezione perché nei suoi spettacoli teatrali ha fatto nomi e cognomi dei mafiosi al nord. “Continuerò, questa è una certezza, anche con la vita rivoluzionata dalla presenza costante dei poliziotti che mi accompagnano ovunque”.