Operazione "Bellu lavuru" della Dda di Reggio Calabria. I dirigenti locali delle due società "consapevoli" della presenza negli appalti di aziende legate alle cosche di Africo. La scarsa qualità delle opere alla base del crollo di una galleria nel 2007. Il gruppo romano: "Abbiamo rinunciato a operare in Calabria"
Ci sono anche tre dirigenti della “Condotte”, uno dei più imporanti gruppi italiani nel settore costruzioni, e un direttore dei lavori dell’Anas tra i 21 arrestati dell’operazione “Bellu lavuru”, che ha colpito gli interessi della ‘ndrangheta nei cantieri della statale 106 “Ionica”, un affare da 84 milioni di euro. Secondo le indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, coordinati dal sostituto procuratore dalla Direzione distrttuale antimafia Giuseppe Lombardo, i manager erano consapevoli della partecipazione delle aziende delle cosche negli appalti. In particolare, avrebbero consentito alla ditta Imc di Costantino Stilo, che gli inquirenti riconducono alle famiglie Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo, di continuare a fornire calcestruzzo nonostante una segnalazione della Prefettura del 2007 che li informava del pericolo di infiltrazioni mafiose. La cattiva qualità degli interventi avrebbe provocato in quello stesso anno il crollo di una galleria in costruzione. L’indagine coinvolge anche i lavori per la costruzione di un istituto tecnico per geometri e un liceo scientifico, appaltata dalla Provincia di Reggio Calabria, per un importo di oltre 3 milioni di euro.
In manette sono finiti il direttore dei lavori dell’Anas, Vincenzo Capozza, di 55 anni, di Locri (Reggio Calabria); il capo cantiere della Società Italiana per Condotte d’Acqua, Pasquale Carrozza, di Melito Porto Salvo; un impiegato amministrativo di cantiere di Condotte, Rinaldo Strati, di Siderno; il direttore di cantiere di Condotte Antonino D’Alessio, di Vico Equense (Napoli); il project manager di Condotte, Sebastiano Paneduro (51), di Catania; il direttore tecnico di Condotte Cosimo Claudio Giuffrida, di Catania.
Gli altri arrestati sono ritenuti affiliati o contigui alla cosche della ‘ndrangheta Morabito-Bruzzanti-Palamara, Maisano, Rodà, Vadalà e Talia, operanti nel “mandamento jonico” e in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo. Uno di loro è Giuseppe Fortugno, cugino del consigliere regionale della Margherita Franco Fortugno ucciso a Locri nel 2006, che gli inquirenti indicano come uno ‘ndranghetista in ascesa. Nei provvedimenti emessi dal gip di Reggio Calabria sono contestate le accuse di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.
I retroscena del collasso della galleria Sant’Antonino, avvenuto nella variante di Palizzi il 3 dicembre 2007, sono stati registrati nelle intercettazioni. “Per questo crollo passeranno guai a non finire”, afferma Vincenzo Capozza, direttore dei lavori dell’Anas, parlando con Pasquale Carrozza, capo cantiere della Condotte. Un altro manager di Condotte, non indagato, descrive quei lavori come “completamente fuori progetto”. E spiega: “ L’arco rovescio doveva seguire il fronte e le gallerie dovevano stare a 50 metri… se queste cose vengono sottostimate questi sono i risultati”. Poi anticipa la stragegia di Condotte per scampare a ogni responsabilità: “No, daremo colpa alla montagna questo è sicuro, è ovvio, però…”.
Il crollo, scrive il gip “è indicativo dell’approssimazione con la quale è stato gestito l’appalto pubblico, nonché degli artifici messi a punto per nascondere le frodi messe in atto dalla società appaltatrice nella realizzazione dell’opera pubblica, con le complicità dell’organo di controllo dell’ente appaltante, ovvero il direttore dei lavori dell’Anas, che ha omesso i dovuti controlli e che, anche quando ha avuto modo di rilevare le inadempienze della succitata società appaltatrice, non ha adottato i dovuti provvedimenti o quantomeno informato i sovraordinati uffici dell’Anas”.
La Societa’ italiana Condotte d’Acqua S.p.A, che ha sede a Roma, sottolinea che i fatti oggetto dell’indagine risalgono al 2007 e che da allora non ha più partecipato a nuovi appalti in Calabria. “La società ed il proprio management – si legge in una nota – restano fiduciosi nell’operato della magistratura, nella certezza di non aver mai assunto la veste di connivente della criminalità organizzata”. I fatti ogfgetto d’indagine erano già emersi, e “da allora, Condotte, con un radicale mutamento della propria governance e con l’adozione di un nuovo modello di amministrazione, ha ritenuto di non partecipare più a procedure di gara e a nuovi appalti nel territorio calabrese, portando a completamento esclusivamente gli appalti di cui era già aggiudicataria”.
In particolare, continua la nota, “per l’appalto di Palizzi, oggetto degli attuali provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, in accordo con Anas, si è giunti a una risoluzione consensuale dello stesso appalto, proprio nell’ottica di mantenere l’impegno di ‘abbandono’ del territorio calabrese”. L’azienda ricorda anche di aver denunciato “i gravi episodi delittuosi di cui è risultata vittima (attentati, distruzione di mezzi, minacce ed addirittura uccisione e ferimento di propri dipendenti), che evidenziano lo sforzo del gruppo di vigilare per garantire la legalità senza scendere a compromessi con le organizzazioni criminali”.
Giuseppe Pignatone, procuratore di Reggio Calabria, in conferenza stampa ha precisato che “le responsabilità dei singoli dirigenti locali di Condotte d’Acqua non coinvolgono direttamente i vertici della società”, ma “l’esigenza di favorire le cosche si è risolta in una elevata soglia di approssimazione dell’esecuzione dei lavori, scadenti di qualità, come sottoscritto da una perizia”. L’atteggiamento dei funzionari arrestati, poi sostituiti dalla stessa società, è stato “tiepido” quando alla prefettura sono arrivate le segnalazioni di comportamenti “atipici” dell’impresa fornitrice secondo l’accusa legata alle cosche. “E’ nato un balletto di carte – ha spiegato Pignatone – richieste di pareri e avvocati che annunciavano ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato che ha allungato la sospensione dell’impresa”. La segnalazione della Prefettura sulla Imc di Stilo è del 30 agosto 2007, ma l ‘estromissione ha avuto luogo solo il 12 novembre 2007, quando Condotte, in seguito ai rilievi della commissione prefettizia, ha comunicato all’impresa fornitrice che la risoluzione del rapporto in essere non era più derogabile.
A battezzare involontariamente l’operazione è stato il boss Giuseppe Morabito “Tiradrittu”, che era stato informato dell’avvio delle opere nel carcere di Parma, dov’era detenuto con il 41 bis. “E’ proprio un bellu lavuru“, aveva commentato. Dal successivo monitoraggio degli appalti è emerso che tutto doveva passare per le mani della criminalità organizzata, persino la cancelleria utilizzata negli uffici. L’inchiesta ha anche rilevato “l’assenza di controllo da parte dell’Anas, in particolare le omissioni plurime del direttore dei lavori, Vincenzo Capozza, anche quando ha rilevato inadempienze da parte della società appaltatrice. E’ una situazione denunciata peraltro anche da Confindustria nazionale con dirigenti locali di imprese nazionali che si piegano a logiche mafiose a discapito della qualità e della sicurezza delle infrastrutture”.
L’Anas, si legge in un comunicato, ha deciso ”con decorrenza immediata la sospensione dei rapporti di lavoro in essere, dopo aver già disposto il 10 dicembre 2007 la rimozione dagli incarichi operativi dei lavori di costruzione della variante di Palizzi sulla strada statale 106 Ionica del funzionario, architetto Vincenzo Capozza, e dei dipendenti Diego Vadalà e Domenico Candela”. L’Anas sottolinea “di non aver effettuato il pagamento dei lavori per la realizzazione della galleria di Palizzi, oggetto delle indagini, in quanto difformi dal capitolato di gara e che l’impresa appaltatrice Condotte d’Acqua ritenne di dover recedere, senza alcun indennizzo, dal contratto di appalto”.