La voce dell’annunciatrice è sussurrata. Indossa un vestito rosa tradizionale. Sul viso ha stampato un sorriso etereo, che stride con lo stile da socialismo reale dei palazzoni di Pyongyang sullo sfondo. La donna annuncia un video speciale. Sì, perché è il giorno del compleanno di Kim Jong-un, il nuovo «comandante supremo» della Corea del Nord.
Scusate se vi annoio ancora con l’ultima dinastia stalinista del mondo (alla fine del post mi giustificherò). Ma vari media anglosassoni e francesi hanno messo online una sintesi del documentario trasmesso dalla tv nordcoreana sul giovane, che il mese scorso è succeduto al padre, Kim Jong-il. Sembra un filmato degli anni ’50, in technicolor. L’occasione era il giorno del suo compleanno, anche se non viene detto neppure quanti anni il nostro abbia compiuto (dovrebbero essere fra i 25 e i 30). Lo si vede divertirsi in un parco d’attrazioni stile Happy days. Cavalcare (sovrappeso) al galoppo, come faceva il padre (anche lui sovrappeso), giusto per riallacciarsi al culto della personalità del dittatore precedente. I soldati esultano (ma non sembrano molto convinti) quando lui passa in rassegna le truppe. E si ricorda che Kim Jong-un ha scritto la sua prima tesi in strategia militare all’età di sedici anni (ma in un’inchiesta del settimanale francese Le Point, i suoi compagni in un liceo alla periferia di Berna, in Svizzera, dove il giovane trascorse diversi anni, si ricordano invece di un ragazzo vestito con la tuta Nike, amante del basket e dei film di Van Damme, «un buon tipo» e niente di più, di certo non un «genio fra i geni», come lo descrive l’annunciatrice TV a Pyongyang).
Il video è una chicca vintage del 2012. Peccato che non ci sia solo da ridere, perché in Corea del Nord milioni di persone vivono nella miseria più nera. Alcuni commenti a un mio post precedente giustificavano il regime attuale. No, credo non ci sia niente da fare… E’ indifendibile. Anche se è probabile che quel sistema abbia avuto una sua giustificazione e anche qualche merito almeno fino agli anni Ottanta. E’ quanto si puo’ intuire anche da un romanzo nordocoreano, Amici, di Baek Nam-Ryong, pubblicato per la prima volta in Europa (in Francia, per la precisione) e che spero sia tradotto anche in italiano. E’ una bella storia, uno spaccato della vita della Corea del Nord, ma, appunto, negli anni Ottanta: un testo addirittura critico, almeno a momenti, ma non disfattista (non fu censurato). Se vi interessa, ne ho parlato in una mia recente trasmissione su Radio Rai Tre. Fra le altre cose quel romanzo è stata una piacevole lettura.
Ps: Non sono mai stato in Corea del Nord, ma sì in quella del Sud. Ho anche vissuto per quattro anni in Giappone e da lì ho seguito per diversi media italiani le vicende della Corea del Nord e incontrato nordcoreani (fuoriusciti o rappresentanti ufficiali del Paese). Nell’ufficio dove lavoravo, la tv (giapponese) era sempre accesa. Ogni tanto trasmettevano spezzoni dei telegiornali di Pyongyang. Ancora con quelle donne in vestito tradizionale ad annnunciare le notizie del giorno. Con la voce sussurrata o anche alterata (quando parlavano degli Stati Uniti). Autentiche pièce di teatro.