Era il 1994, quando un seminudo e obeso Paviglianiti si lasciava andare a un’implacabile serie di peti per celebrare l’entrata in politica del Cavaliere. A quasi vent’anni di distanza, il bersaglio e il protagonista della satira di Franco Maresco è ancora lui, Silvio Berlusconi.
In Belluscone. Una storia siciliana s’intrecciano fiction e inchiesta, andando alle radici del rapporto tra l’ex premier e la Sicilia, vera roccaforte del consenso berlusconiano e a lungo sorgente di voti. Un legame che parte da lontano e che acquista forza nel tempo. A modo suo “una storia d’amore”, tratteggiata con i toni tragicomici che da sempre costituiscono la cifra stilistica del padre di Cinico Tv.
“Il nostro viaggio parte dagli anni Settanta – spiega il regista – ripercorre gli anni Ottanta, quelli dell’esplosione delle tv private, poi l’entrata in politica, per arrivare infine ai giorni nostri, alla totale decadenza fisica e morale”. A fare da sfondo l’immagine di una Sicilia desolante e surreale, componente imprescindibile dei lavori di Maresco: “Noi non dobbiamo chiederci cosa ha fatto Berlusconi per la Sicilia, ma cosa sarebbe Berlusconi senza questa terra. E la risposta è niente” .
Insieme a episodi in bianco e nero creati alla maniera di Cinico Tv (andati in onda su Rai3 dal 1991 al 1996), nel film compaiono diverse interviste ai protagonisti della storia siciliana dell’ex premier degli ultimi decenni. Giornalisti, magistrati, politici e addirittura pentiti ripercorrono l’ascesa e l’epilogo di Berlusconi e del berlusconismo. Tra loro anche il senatore Marcello Dell’Utri, tra i più stretti collaboratori del Cavaliere di Arcore, condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa: “Comincia raccontando della Bacigalupo, la squadra di Palermo di cui è stato direttore sportivo negli anni Sessanta e in cui giocò anche il procuratore Pietro Grasso. Ma poi il discorso finisce ovviamente su altri lidi: i rapporti con Mangano, l’amicizia con Silvio Berlusconi, Forza Italia e i processi. Ha risposto a ogni domanda, anche a quelle sconfinate su terreni più astratti”.
Oltre a quella del senatore, Maresco ha raccolto, tra le altre, le testimonianze del magistrato Antonio Ingroia, del senatore Carmine Mancuso, di Gioacchino Genchi, del’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, del giornalista Attilio Bolzoni e del leader di Forza del Sud Gianfranco Miccichè e del collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo. Il tutto incastrato in mezzo a frammenti e immagini di repertorio tratti dalle televisioni locali.
Mescolandosi e richiamandosi a vicenda, realtà e finzione contribuiscono a disegnare lo stesso scenario impietoso e grottesco, dove alla fine gli unici a salvarsi, a mantenere un briciolo di umanità, sono proprio i personaggi figli della fantasia di Maresco, “Più che a un docufiction mi piace pensare che assomigli a un B-movie di fantascienza, una sorta di “Invasione degli ultracorpi”, dove tra i replicanti non c’è solo Berlusconi ma anche tutti coloro che gli stanno intorno, a partire dai rappresentanti di una sinistra inetta e rivoltante”.
Chi con le dimissioni di Berlusconi e la caduta del suo governo ha tirato un sospiro di sollievo ha poco da consolarsi. “Il peggio deve ancora arrivare. Berlusconi lascia dietro di sé una generazione indifferente a tutto, composta da persone che si comportano come zombie”. Per questo, sostiene il regista, fare un film su Berlusconi oggi, mentre questo si trova sul viale del tramonto, vuol dire prendere consapevolezza di questi anni bui. “Siamo stati complici di uno schifo per 20 anni, troppo semplice ora rimuovere e cancellare tutto”.
Franco Maresco ritorna solitario alla regia dopo Io sono Tony Scott – ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del mondo, allontanandosi forse definitivamente dal sodalizio con Daniele Ciprì, coinventore della striscia televisiva di Cinico Tv, nonché coregista de Lo zio Brooklyn (1995) e Totò che visse due volte (1998). Pellicole che all’epoca destarono scalpore per via dell’amplesso tra un contadino e un asina (scena ripetuta in entrambi i film) e in Totò… per blasfemia. Ma il quadro apocalittico e surreale, di questa desolata e violentata Sicilia, oramai priva di ogni dio ed etica, sembra calzare a pennello con il nuovo affresco intitolato, con inflessione strascinata, Belluscone.
Prodotto da Rean Mazzone, scritto da Franco Maresco insieme a Claudia Uzzo, con l’aiuto del giornalista Giuseppe Lo Bianco, e con la fotografia curata da Luca Bigazzi, prima di arrivare nelle sale il film deve ancora essere ultimato. “Abbiamo iniziato a girare la scorsa primavera, grazie alle risorse messe a disposizione da un gruppo di palermitani illuminati che fanno capo all’avvocato Fausto Maria Amato. Ma ora dobbiamo raccogliere ancora 250 mila euro per riuscire a concludere il lavoro”. Per questo ieri la Cineteca di Bologna ha proiettato in anteprima un primissimo estratto di cinque minuti, rilanciando la sottoscrizione popolare per portare a compimento l’opera del regista siciliano (si può mandare un contributo sul conto intestato al Comitato “A Silvio… dalla Sicilia con Amore” – Banca Unicredit, Agenzia Roma San Pantaleo – 36011; IBAN: IT32W0200805022000101752854)
di Giulia Zaccariello e Davide Turrini