Un gruppo hacker è entrato in possesso di documenti che accusano New Delhi di aver intercettato le comunicazioni i membri di una commissione americana. Coinvolte Rim, Apple e Nokia alle quali, in cambio delle informazioni, l'esecutivo avrebbe promesso l'accesso al mercato del Subcontinente
L’autenticità delle accuse mosse non può essere provata in modo indipendente, ma, se si dovessero rivelare vere, metterebbero doppiamente in imbarazzo i servizi militari indiani. Da una parte confermerebbero l’interesse dell’India per le capacità acquisite dai cinesi in campo tecnologico e per la strategia statunitense nel dibattito sulla rivalutazione della moneta cinese. Dall’altra, secondo quanto detto alla Reuters da Stewart Baker, esperto di sicurezza informatica prima nell’Agenzia per la sicurezza nazionale e poi al ministero dell’Interno Usa, i servizi rischierebbero di perdere la faccia, con gli hacker in grado di entrare nei loro sistemi attraverso una breccia nell’antivirus. Dal governo indiano non è arrivato ancora alcun commento. “Da un primo controllo il documento sembra essere falso”, ha spiegato invece Rumel Dahiya, vicedirettore del Institute for Defence Studies and Analyses, legato al ministero della Difesa di New Delhi. “I funzionari che sono citati non si occupano dei temi contenuti nel documento, ma soltanto della cooperazione con il ministero degli Esteri e degli attaché militari”. Intestazione e firma, ha aggiunto, sembrano ritagliate da altri documenti e aggiunti in seguito. Conversazioni ed email diffuse risalgono a settembre e ottobre scorsi. Includono scambi sull’agenda delle riunioni riservate dei membri della commissione riguardo le previsioni della National Intelligence Estimate sugli sviluppi del settore manifatturiero a livello globale e sulle misure in risposta alle manipolazione cinese del renminbi in esame al Congresso. Alle email è allegata anche una nota firmata dal colonnello Ishwal Singh in cui conferma l’approvazione data “dal presidente” all’operazione per accedere alle comunicazioni tra i membri dell’USCC, senza tuttavia specificare a quale presidente si fa riferimento.
Istituita dal Congresso Usa nel 2000, la commissione ha il compito di elaborare studi e analisi sulle relazioni sino-statunitensi nel campo degli armamenti, dell’energia, della sicurezza informatica e del commercio internazionale. Per questo è considerata un bersaglio naturale degli attacchi attribuiti ai pirati informatici vicini al governo cinese che negli ultimi anni hanno colpito siti governativi, colossi del web come Google e aziende legate al Pentagono. Minacce esaminate in un dettagliato studio datato ottobre 2009 sulla capacità cinese di condurre operazioni di guerra digitale. Un ambito, ha scritto il Financial Times, in cui anche l’India, tra le maggiori realtà al mondo in campo tecnologico e nell’industria satellitare, vuole dire la sua. “Il governo lavora per migliorare la propria sicurezza informatica e non c’è da stupirsi che cerchi di proteggersi”, ha detto al quotidiano finanziario VR Raghavan, generale in congedo e presidente del Center for Security Analysis. Il tutto inserito in uno scenario in cui il Paese rischia di essere schiacciato dall’alternarsi di scontro e cooperazione tra Stati Uniti e Cina. Più che alleati i due Paesi asiatici sono da considerarsi rivali, divisi da dispute su questioni territoriali sfociate in conflitto armato nel 1962 e dalla lotta per la supremazia regionale. “Una maggiore cooperazione è tuttavia necessaria.”, ha sottolineato appena lunedì Shivshankar Menon, consigliere per la Sicurezza nazionale a colloquio con l’ambasciatore cinese a New Delhi, Zhang Yan. Lo impongono la crisi economica globale e la primavera araba che minaccia la sicurezza economica e gli approvvigionamenti energetici del Dragone e dell’Elefante.
di Andrea Pira