Con 298 sì e 309 no, l'aula di Montecitorio si è espressa sul caso del coordinatore del Pdl in Campania, accusato di avere legami di affari e politici con i clan dei Casalesi. In serata l'ex sottosegretario si è dimesso da coordinatore regionale del Pdl in Campania
Con 298 sì e 309 no, la Camera dei deputati ha negato l’autorizzazione all’arresto di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia dell’ultimo governo Berlusconi e attuale coordinatore regionale del Pdl in Campania. Il deputato di Casal di Principe è accusato dai pm napoletani di riciclaggio e corruzione con l’aggravante del metodo mafioso. Il voto è avvenuto a scrutinio segreto, ma determinanti per salvare Cosentino sono stati i voti dei Radicali (contrari all’arresto per la presenza di fumus percutionis: i loro sei voti sono stati determinanti per salvare Cosentino) e soprattutto della Lega (Bossi non ha votato), che sulla questione si è spaccata al suo interno. Oltre a Bossi, non hanno partecipato al voto anche gli ex ministri Giulio Tremonti, Saverio Romano, Antonio Martino e Lucio Stanca. Del Pdl non hanno votato Jole Santelli, Souad Sbai, Manuela Di Centa, Amato Berardi e Angeli Giuseppe. Presenti e votanti Alfonso Papa e Marco Milanese, gli ultimi due deputati del Pdl sui quali l’Aula si è espressa sull’autorizzazione all’arresto, con risultati diametralmente opposti (Papa in carcere, Milanese no). Il Pd, invece, ha spiegato che i due assenti, Giuseppe Fioroni e Giovanni Sanga, erano assenti per malattia mentre dell’Udc mancava Angelo Compagnon. Non ha votato anche Maria Grazia Siliquini e due erano gli assenti del gruppo Fli (Francesco Divella e Donato Lamorte). Quattro erano i deputati in missione.
Dopo il voto, lo stesso Cosentino si è detto “vittima di un trattamento ingiusto e di un’aggressione mediatica, politica e in parte giudiziaria”, per poi aggiungere: “Non ringrazio la Lega, ma il Parlamento per un dibattito proficuo e approfondito”. Sulle sue dimissioni da coordinatore regionale campano del partito di Berlusconi, invece, l’ex sottosegretario ha preso tempo. “E’ mia intenzione farlo – ha detto Cosentino – Sentirò i vertici del partito in Campania e i vertici nazionali del Pdl”. In serata, poi, Cosentino ha ratificato il passo indietro: “Mi sono recato dal presidente Berlusconi e ho consegnato le mie dimissioni irrevocabili da coordinatore del Pdl della Campania”.
Maroni, dopo il voto, ha confermato la differenza di vedute con il Senatur: “Non ho condiviso la posizione di lasciare libertà di voto. Io ero favorevole all’arresto. Ma non c’è nessun disaccordo con Bossi” ha detto l’ex ministro degli Interni. Maroni non ha risparmiato una sonora stoccata al Pd e all’Udc: “‘Molti voti a favore di Cosentino e cioè contro il suo arresto sono arrivati dall’Udc e dal Pd. Sono pochi, invece, i leghisti che lo hanno salvato” ha detto Maroni.
Immediata la risposta di Lorenzo Cesa, segretario del partito di Casini: “Comprendiamo l’imbarazzo di Maroni nel voler giustificare il comportamento del suo partito sul caso Cosentino, ma lui stesso sa bene che l’Udc ha votato compatto e convinto a favore dell’autorizzazione. Certo – ha detto Cesa – che se qualcuno pensa che dal voto di oggi esca rafforzato il Parlamento non ha capito veramente nulla”. Ancor più netto Pierferdinando Casini: “Il voto di oggi alla Camera è stato un grave errore politico”.Per il leader dell’Udc, inoltre, il voto in Parlamento conferma l’esistenza “dell’ asse Pdl-Lega come dice lo stesso Altero Matteoli”. Il Partito Democratico, invece, ha attaccato duramente la Lega. Veltroni ha parlato di “fatto molto grave, uno schiaffo a chi contrasta il crimine”, mentre Antonio Misiani, membro della commissione Bilancio della Camera e tesoriere del Pd, accusa il Carroccio di essere “stampella a sostegno degli interessi di Berlusconi”.
”Non è che io ho convinto Bossi, è che le cose erano di per sè convincenti perché il fumus persecutionis era chiaro”: parola di Silvio Berlusconi, secondo cui “non c’era in tutte le accuse una cosa che convincesse in qualunque modo. Anche la personalità di coloro che avevano fatto i primi giudizi era da mettere tutta in discussione, infatti un magistrato si è prodotto in azioni politiche di contrasto alla nostra parte politica. Dire -ha concluso Berlusconi – che c’era anche questa componente che metteva in guardia sulla veridicità delle accuse”. Sulle dimissioni annunciate da Cosentino, invece, Berlusconi è stato chiaro: “Mi sembra che lui stamattina abbia annunciato che comunque si dimettera – ha detto Berlusconi, precisando che all’ex sottosegretario all’Economia è stata lasciata “libertà di sceltà”.
Durissimo il commento di Antonio Di Pietro. “In democrazia nessuno è esente da critiche, neanche il Capo dello stato. E non c’è dubbio che questo governo e questa maggioranza parlamentare li ha voluti lui” ha detto il leader dell’Idv, secondo cui “oggi abbiamo assistito ad un vero mercato delle vacche, con tutto il rispetto per le vacche, ad uno scambio di favori tipico delle società criminali”. L’ex pm, inoltre, ne ha avute anche per il Parlamento, che “non è più in grado di rispettare le leggi e la Costituzione e non c’è più nessun titolo morale, etico e politico affinché i parlamentari restino al loro posto”. Di Pietro poi si è rivolto al Presidente della Repubblica: “Io chiedo: ora che con un mercato delle vacche hanno garantito l’impunità a Cosentino, il Capo dello Stato intende difendere i magistrati o no. Questo parlamento non ha più nulla da dire. Si deve andare a votare il prima possibile”, ha aggiunto il leader dell’Idv.
Sul ‘salvataggio’ di Cosentino da parte dell’Aula di Montecitorio, si è espresso anche l’ex procuratore di Napoli Giandomenico Lepore, colui che ha coordinato le indagini e firmato, con i suoi sostituti e con il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho, la richiesta di arresto al gip di Napoli per l’onorevole del Pdl. “Da ex pubblico ministero sono amareggiato perché credevo nella misura cautelare – ha detto Lepore, ora in pensione – Non possiamo fare altro che rispettare la decisione, il processo andrà avanti così come tutte le indagini che gli uffici di Napoli conducono”.
Quello su Nicola Cosentino è stato il quarto voto poco più di due anni in Aula alla Camera sulla richiesta di arresto di un deputato. Era toccato sempre a Nicola Cosentino che si era salvato dall’arresto una prima volta il 10 dicembre del 2009. Allora i no alla richiesta della magistratura di Napoli furono 360 e 226 i sì. Per Alfonso Papa, l’Aula della Camera decise l’arresto il 20 luglio dello scorso anno con 319 sì e 293 no. Marco Milanese, invece, il 22 settembre scorso, vide respingere la richiesta con 312 no e 306 sì.