Il presidente della Lega delle cooperative Giuliano Poletti si sente in una botte di ferro. L’Unipol controllata dalle Coop salverà quel che resta della Fonsai di Salvatore Ligresti? “Non c’è da preoccuparsi – sostiene Poletti – perché dobbiamo fidarci della capacità di valutazione dei manager”. La dichiarazione è una sfida alla buona sorte.
Anche ai tempi di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti il movimento cooperativo si fidò ciecamente dei suoi manager. Si sa come è andata a finire, con i processi e tutto il resto. D’altra parte se Poletti si dichiara tranquillo, non si può dire altrettanto dei piccoli azionisti di Unipol. Da quando a fine dicembre la compagnia delle Coop è entrata nella complicata partita del salvataggio Fonsai, il titolo della società bolognese ha perso il 20 per cento circa, mentre la Borsa ha recuperato il 2 per cento.
Il crollo non è una sorpresa. Secondo le indiscrezioni che circolano ormai da giorni sarà Unipol a mettere sul piatto buona parte della somma necessaria a evitare il crac di Fonsai. Si parla di un miliardo di euro o anche di più, che in gran parte verrebbero rastrellati in Borsa con un aumento di capitale. Logico, allora, che i piccoli azionisti della compagnia bolognese, spaventati dalla prospettiva di dover metter mano al portafoglio, scappino a gambe levate.
Da qui il ribasso del titolo, già in forte difficoltà anche nei mesi scorsi (meno 60 per cento in un anno). Il gruppo che nascerebbe da un’eventuale fusione tra Unipol e Fonsai raggiungerebbe di sicuro una massa critica importante, con oltre 22 miliardi di premi raccolti l’anno nei rami vita e danni (comunque ben distante dal leader generali che in Italia viaggia sui 30 miliardi), ma secondo la maggior parte degli analisti sarebbe molto difficile gestire in modo efficiente le sovrapposizioni della rete di agenzie, a meno di non varare pesanti tagli di personale. In questi giorni però la partita si sta giocando nell’alto dei cieli della finanza e qui è Mediobanca guidare le danze.
L’istituto che fu di Enrico Cuccia è il principale creditore sia di Fonsai (un miliardo) sia di Unipol (400 milioni). Mettere i crediti sotto lo stesso ombrello, di sicuro aiuta la banca. Diverso il discorso per quanto riguarda i soci delle due compagnie. A Bologna, per dire, nel mondo coop molti si chiedono: chi ce lo fa fare? Tanto più che di questi tempi nessuna delle grandi cooperative naviga nell’oro. E allora, forse, sarebbe meglio risparmiare risorse preziose invece di avventurarsi nel salvataggio di Fonsai. Ragiona così chi in questi giorni tenta di opporsi al salvataggio di Ligresti. A quanto sembra, però, non è facile dire di no a Mediobanca, da anni consulente principale di Unipol per tutte le operazioni più importanti. E così il negoziato che ha preso il via ormai da un paio di settimane è ormai arrivato all’ultimo round. Tutto potrebbe chiudersi entro questo fine settimana.
Se davvero venisse varata la fusione tra Unipol e la dissestata Fonsai, le coop dovrebbero rassegnarsi a finanziarie la loro controllata per l’ennesima volta. Finsoe, la holding delle cooperative a cui fa capo il 50, 2 per cento della compagnia, ha sborsato oltre 150 milioni di euro per sottoscrivere la propria quota dell’aumento di capitale varato da Unipol ad aprile del 2010. L’anno prima la stessa Finsoe e la controllante Holmo avevano sottoscritto obbligazioni Unipol per circa 140 milioni. I conti però ancora non tornano per la holding.
Basti pensare che il 50 per cento del capitale ordinario di Unipol è iscritto nel bilancio di Finsoe per 1, 8 miliardi. Ebbene, in questi giorni il valore di Borsa del 100 per cento della compagnia non supera i 600 milioni. Regole contabili piuttosto generose hanno fin qui consentito alle coop di non prendere atto nei bilanci di questa enorme potenziale minusvalenza nei bilanci di Finsoe. Va detto che Unipol, nel 2009 in perdita per 769 milioni a causa della disastrosa gestione della banca del gruppo, nei mesi scorsi ha recuperato terreno. La strada da fare, però, sarebbe ancora lunga, dicono gli analisti. Ma Fonsai incombe. Lo vuole Mediobanca. E allora il risanamento può aspettare. Con buona pace dei piccoli soci e delle coop.