Politica

Il porcellum al cubo unisce l’Idv e Sel

Ieri è stata scritta una nuova equazione politica: porcellum più porcellum, uguale porcellum al cubo. E così il centrosinistra entra in sofferenza dopo il doppio verdetto choc, mentre Antonio Di Pietro e Nichi Vendola provano a correre ai ripari studiando le possibili contro-mosse, con un patto di reciproca consultazione informale in funzione “anti-governissimo” deciso sull’onda degli eventi poco dopo il duplice verdetto.

Tutto si consuma alla Camera, ieri alla velocità della luce. L’equazione – infatti – è semplice, e a Montecitorio ieri è diventata plasticamente visibile, resa evidente per via del cortocircuito che si è bruciato in poco più di un’ora, ovvero lo spazio di tempo in cui le due notizie si sono abbattute sull’aula. Prima la Corte costituzionale, dopo una serie di fughe di notizie che anticipavano il responso (con la motivazione ufficiosa e irriferibile che la consultazione avrebbe “turbato” il clima delle larghe intese), ha fatto quello che si prevedeva, bocciando il referendum anti-porcellum. E subito dopo, il Parlamento eletto con il Porcellum con una consecutio quasi adamantina nella sua chiarezza, ha “auto-assolto” il più spavaldo dei suoi esponenti, malgrado una gravissima accusa di collateralità con la camorra.

Il porcellum al cubo, quindi ha una doppia conseguenza politica. La prima è quella di mostrare che sotto il grande scudo delle larghe intese sopravvive un’altra maggioranza. O meglio: la vecchia ex maggioranza del governo Berlusconi, che – come i guerrieri di terracotta dell’epica cinese – sono sempre pronti a riattivarsi per difendere i propri uomini e i propri interessi nel momento del pericolo. Questo schieramento, chiamiamolo “il centrodestra occulto”, ha più o meno lo stesso numero di voti che ha assistito in tante occasioni Silvio Berlusconi dopo il 14 dicembre del 2010: ieri erano 309 (ma con 7 assenti censiti). Il che vuol dire che il centrodestra occulto non ha i numeri per imporre la propria maggioranza al Parlamento, ma li ha – eccome – per condizionare la politica nelle scelte decisive, ogni volta che serve.

Come una matrioska, dunque, come un gioco di scatole concentriche, come un Alien: dentro la sovrastruttura tecnocratica e politicamente presentabile della maggioranza unanime del governo Monti, si nasconde la minoranza egemone dei guerrieri di terracotta postberlusconiani. Il voto di ieri, dunque, l’esultanza di Daniela Santanchè in Transatlantico, il corrucciamento di Pier Ferdinando Casini all’uscita dall’aula, ben oltre alla vicenda politica di Cosentino, volevano dire questo: il centrodestra c’è, è “in armi”, ed è ancora il peso specifico più forte in questo Parlamento di deputati nominati. Berlusconi non ha le forze per staccare la spina, ma può accendere e spegnere l’interruttore quando vuole.

Per questo, alle tre del pomeriggio, nella sede dell’Italia dei Valori, l’incontro (programmato da tempo) fra Antonio Di Pietro e Nichi Vendola si è caricato di significati e ha prodotto una strategia comune. Quella di avvicinare Italia dei Valori e Sel e aumentare la forza contrattuale verso il Pd, nel momento in cui il partito di Pier Luigi Bersani sembra rinunciatario e rassegnato. Vendola e Di Pietro hanno programmato una iniziativa comune nei prossimi dieci giorni alla Camera. E Sinistra e libertà terrà una manifestazione nazionale a Roma (data già fissata, il 22) invitando come relatori – oltre a Vendola e Maurizio Landini – esponenti politici di altri partiti di centrosinistra tra cui nomi del calibro di Michele Emiliano, Luigi De Magistris e Rita Borsellino. Il nome della sorella di Paolo non è casuale. A Palermo la candidatura e la coalizione che si scelgono potrebbero dimostrare che l’alleanza di centrosinistra è ancora viva. Perché sia Orlando sia la Borsellino (ieri Vendola parlava di “possibile ticket”) corrono solo senza centristi e Lombardo.

Il Fatto Quotidiano, 13 Gennaio 2012