La battaglia per l’indipendenza della Scozia galleggia su un mare di petrolio. Il leader dello Scottish National Party e primo ministro di Edimburgo Alex Salmond ieri è stato chiaro. “Ce ne andremo con i nove decimi delle riserve del regno”, ha detto Salmond, lasciando intendere che proprio il petrolio potrebbe essere la linfa vitale della loro eventuale ritrovata libertà. Intenzione dello Snp è di tenere entro l’autunno del 2014 un referendum per permettere alla Scozia di staccarsi dal resto del Regno Unito. Ipotesi osteggiata a Londra, dove il governo Tories e Lib-Dems guidato da David Cameron sta passando al contrattacco con una parata di ministri “inglesi” su a nord.
Il notista politico John Higginson ieri si chiedeva: “Possiamo permetterci di lasciarli correre da soli?”. Perché, pur con una produzione in calo negli ultimissimi anni, entro il 2020 la metà del fabbisogno britannico potrebbe essere soddisfatta dalla produzione di gas e petrolio al largo del mare della Scozia. L’anno scorso, nel Paese, furono estratti 65 milioni di tonnellate di greggio. Ma alcuni importanti istituti di ricerca come Wood Mackenzie rilanciano il futuro delle risorse del regno. “Nel 2011 sono state concesse 46 nuove licenze esplorative – si legge nello studio – e gli investimenti cresceranno almeno fino al 2014. L’anno scorso, negli impianti del Mare del Nord sono stati investiti 7,5 miliardi di sterline». Il tutto mentre aumenta la tassazione sull’estrazione, elemento che ha ridotto i profitti delle aziende ma che significa anche che il Regno Unito guadagna sempre di più dal gas e dal petrolio. Per l’anno fiscale 2011/2012 si parla di oltre 11 miliardi di sterline di introiti.
Il ministro scozzese dell’Energia Fergus Ewing, l’anno scorso, a una conferenza dello Scottish National Party aveva fatto un legame diretto fra il mercato dei combustibili e l’indipendenza dell’area più settentrionale del regno. Il nodo della questione è che metà delle riserve di gas e petrolio devono ancora essere estratte. E bisogna anche considerare che il settore dà lavoro a 196mila scozzesi. In tutto il Regno Unito gli occupati che lavorano grazie a questa industria sono 440mila, quasi la metà dunque sono abitanti di quello che potrebbe diventare un nuovo Paese europeo.
Ma, in questi giorni, la battaglia sulla Scozia è anche battaglia sull’euro, appunto. Oggi il ministro dell’Economia George Osborne avverte Edimburgo: “In caso di indipendenza, sarete obbligati ad adottare l’euro”. La moneta unica europea, quindi, come uno spauracchio, in un momento di grande crisi per la valuta e di forti tensioni finanziarie. Salmond ribatte che a decidere saranno gli scozzesi, ma che lui sarebbe più propenso a tenere la sterlina. Dalla parte di Osborne, il regolamento comunitario che stabilisce che tutti i nuovi appartenenti a Maastricht prendano l’impegno di arrivare all’euro. Dalla parte di Salmond, il fatto che lo SNP non abbia mai adottato una posizione chiara sulla moneta unica, relegando il tutto alla volontà degli scozzesi. In caso di indipendenza, quindi, fra Glasgow ed Edimburgo si terrà molto probabilmente un ulteriore referendum.
Infine, anche le banche. La Royal Bank of Scotland è in forte crisi. Utile operativo in netto calo, acquisizioni giudicate sbagliate da molti economisti, tagli di migliaia di posti di lavoro. La crisi del debito europeo sta costando cara all’istituto di credito. Ma la querelle è anche su chi abbia agevolato questa situazione. L’ex ministro inglese dell’Economia Alistair Darling dà la colpa a Salmond. «Il premier scozzese incoraggiò le politiche della RBS». Ma Salmond, intervistato da Channel 4 News, rilancia e dà la colpa a Londra. Così, fra petrolio, gas, moneta unica e banche, saranno molto probabilmente le questioni economiche ad accelerare – o a ridimensionare – la voglia di indipendenza di Edimburgo.
Mondo
Scozia, indipendenza entro il 2014
Tra petrolio e banche: i nodi ancora aperti
Il premier Alex Salmond vuole portare i cittadini al voto per un referendum che dividerebbe Edimburgo da Londra dopo 300 anni di unione. Ma la battaglia è tutta economica
La battaglia per l’indipendenza della Scozia galleggia su un mare di petrolio. Il leader dello Scottish National Party e primo ministro di Edimburgo Alex Salmond ieri è stato chiaro. “Ce ne andremo con i nove decimi delle riserve del regno”, ha detto Salmond, lasciando intendere che proprio il petrolio potrebbe essere la linfa vitale della loro eventuale ritrovata libertà. Intenzione dello Snp è di tenere entro l’autunno del 2014 un referendum per permettere alla Scozia di staccarsi dal resto del Regno Unito. Ipotesi osteggiata a Londra, dove il governo Tories e Lib-Dems guidato da David Cameron sta passando al contrattacco con una parata di ministri “inglesi” su a nord.
Il notista politico John Higginson ieri si chiedeva: “Possiamo permetterci di lasciarli correre da soli?”. Perché, pur con una produzione in calo negli ultimissimi anni, entro il 2020 la metà del fabbisogno britannico potrebbe essere soddisfatta dalla produzione di gas e petrolio al largo del mare della Scozia. L’anno scorso, nel Paese, furono estratti 65 milioni di tonnellate di greggio. Ma alcuni importanti istituti di ricerca come Wood Mackenzie rilanciano il futuro delle risorse del regno. “Nel 2011 sono state concesse 46 nuove licenze esplorative – si legge nello studio – e gli investimenti cresceranno almeno fino al 2014. L’anno scorso, negli impianti del Mare del Nord sono stati investiti 7,5 miliardi di sterline». Il tutto mentre aumenta la tassazione sull’estrazione, elemento che ha ridotto i profitti delle aziende ma che significa anche che il Regno Unito guadagna sempre di più dal gas e dal petrolio. Per l’anno fiscale 2011/2012 si parla di oltre 11 miliardi di sterline di introiti.
Il ministro scozzese dell’Energia Fergus Ewing, l’anno scorso, a una conferenza dello Scottish National Party aveva fatto un legame diretto fra il mercato dei combustibili e l’indipendenza dell’area più settentrionale del regno. Il nodo della questione è che metà delle riserve di gas e petrolio devono ancora essere estratte. E bisogna anche considerare che il settore dà lavoro a 196mila scozzesi. In tutto il Regno Unito gli occupati che lavorano grazie a questa industria sono 440mila, quasi la metà dunque sono abitanti di quello che potrebbe diventare un nuovo Paese europeo.
Ma, in questi giorni, la battaglia sulla Scozia è anche battaglia sull’euro, appunto. Oggi il ministro dell’Economia George Osborne avverte Edimburgo: “In caso di indipendenza, sarete obbligati ad adottare l’euro”. La moneta unica europea, quindi, come uno spauracchio, in un momento di grande crisi per la valuta e di forti tensioni finanziarie. Salmond ribatte che a decidere saranno gli scozzesi, ma che lui sarebbe più propenso a tenere la sterlina. Dalla parte di Osborne, il regolamento comunitario che stabilisce che tutti i nuovi appartenenti a Maastricht prendano l’impegno di arrivare all’euro. Dalla parte di Salmond, il fatto che lo SNP non abbia mai adottato una posizione chiara sulla moneta unica, relegando il tutto alla volontà degli scozzesi. In caso di indipendenza, quindi, fra Glasgow ed Edimburgo si terrà molto probabilmente un ulteriore referendum.
Infine, anche le banche. La Royal Bank of Scotland è in forte crisi. Utile operativo in netto calo, acquisizioni giudicate sbagliate da molti economisti, tagli di migliaia di posti di lavoro. La crisi del debito europeo sta costando cara all’istituto di credito. Ma la querelle è anche su chi abbia agevolato questa situazione. L’ex ministro inglese dell’Economia Alistair Darling dà la colpa a Salmond. «Il premier scozzese incoraggiò le politiche della RBS». Ma Salmond, intervistato da Channel 4 News, rilancia e dà la colpa a Londra. Così, fra petrolio, gas, moneta unica e banche, saranno molto probabilmente le questioni economiche ad accelerare – o a ridimensionare – la voglia di indipendenza di Edimburgo.
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Roma, 12 gen. (Adnkronos) - "Credo che siamo vicini" all'elezione dei giudici costituzionali di nomina parlamentare, "in settimana dovremmo chiudere, perchè non se ne può più". Lo ha affermato il segretario di Azione Carlo Calenda, ospite di 'In altre parole' su La7.
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - Con la liberazione Abedininajafabadi Mohammad "credo che il Governo abbia fatto una scelta giusta: quello che eviterei da parte del Governo è dire che non c'è stato lo scambio", per la liberazione di Cecilia Sala, "perchè questo prende tutti per idioti. Ha fatto bene il Governo a farlo, secondo me la Meloni ha fatto un buon lavoro, ma non ci dicano che non c'è nessuno scambio". Lo ha affermato il segretario di Azione, Carlo Calenda, ospite di 'In altre parole' su La7. Inoltre "una coincidenza abbastanza fortunata" è che negli Stati Uniti "c'è un Presidente che è uscente ma uno che non è ancora entrato, quindi c'è un vuoto".
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - "Buon lavoro al rieletto presidente Zoran Milanovic, che avrà ancora il compito di rappresentare con equilibrio tutta la Croazia in patria e all'estero. La Croazia è un elemento fondamentale per la stabilità dei Balcani e un tassello importante nell'ambito della Nato, soprattutto dopo l'aggressione russa all'Ucraina. Il Paese di Milanovic potrà anche collaborare alla piena integrazione di Bulgaria e Romania nell'area Schengen e alla gestione di fenomeni epocali come le migrazioni". Così la capogruppo del Pd nella commissione Politiche europee del Senato Tatjana Rojc, dopo che Zoran Milanović è stato confermato Presidente della Repubblica di Croazia.
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - “Soddisfazione per la determinazione con cui le autorità preposte stanno sanzionando i gravi fatti accaduti a Busto Arsizio, prendendo i provvedimenti auspicati. Sono stati firmati infatti i decreti d'espulsione per due cittadini marocchini responsabili dei reati commessi in piazza Garibaldi a Busto Arsizio nei giorni scorsi. I due delinquenti stranieri vengono ora accompagnati al Cpr di Gradisca d'Isonzo per l’espulsione". Lo afferma il deputato della Lega Stefano Candiani.
"Domani -aggiunge- proseguiranno le indagini sugli altri responsabili con supporto delle immagini e dei video delle telecamere. Ancora una volta, come Lega, siamo dalla parte di chi si spende per la sicurezza dei cittadini: non siamo disposti a tollerare comportamenti violenti e prevaricatori che portano illegalità sui nostri territori, minacciano i residenti, o attaccano le Forze dell’Ordine”.
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - “Massima solidarietà agli agenti delle Forze dell’Ordine aggrediti e rimasti feriti negli scontri a Bologna. Preoccupa l’aumento dell’antisemitismo, reso evidente anche dall’attacco alla Sinagoga di Bologna. Ormai non sono più segnali, ma il segno che c’è un movimento ampio e profondo contro la Comunità ebraica anche nel nostro Paese”. Lo scrive su X Ettore Rosato, vicesegretario di Azione.
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - "Le violenze contro le Forze dell’Ordine, l’aggressione alla Sinagoga di Bologna e gli atti vandalici sono da condannare fermamente. Non può esserci alcuna giustificazione per chi ha usato la morte di Ramy per compiere violenze e gesti antisemiti”. Lo afferma la deputata di Italia viva Maria Elena Boschi.
“Piena solidarietà agli agenti feriti, ai sindaci, e soprattutto alla comunità ebraica che, ancora una volta, diviene bersaglio di oltraggi e violenza, dimostrazione dell’esistenza di un antisemitismo strisciante sempre pronto a riemergere. Ora sia unanime la condanna -conclude Boschi- così come il rispetto per la famiglia di Ramy Elgaml che, con grande dignità, nel pretendere verità e giustizia ha chiesto che il suo nome non venga utilizzato per atti di violenza o per fini politici”.
Roma, 12 gen. (Adnkronos) - “Realpolitik efficace ma nessun capolavoro da manuale di politica estera. A Giorgia Meloni dico che ha ancora molto, troppo da imparare da quel protagonismo italiano e quel coraggio che dimostrò invece Craxi, non solo con Sigonella. È così evidente che lo riconosce anche chi ha una storia diversa dalla nostra, a sinistra, come oggi l’amico Bonelli". Lo afferma il segretario del Psi, Enzo Maraio.