Il downgrading di S&P sancisce la sconfitta della troika Europea Monti – Merkel – Draghi, già evidente nei mercati finanziari. “Monti promosso dall’Europa”, titolavano solo due giorni fa i giornali compiacenti; promosso, sì, ma da un’Europa bocciata senz’appello.
Nella gestione della crisi esplosa nel 2008, gli Eurocrati hanno fallito ripetutamente: in Grecia (l’unico paese dove davvero i debiti sono troppi: non si è voluto prenderne atto); in Irlanda (uno dei paesi più virtuosi al mondo, costretto dalla BCE a socializzare le perdite delle banche); in Portogallo e Spagna (meno debiti della Germania, disoccupazione oltre il 20%), in Italia, ed infine in Francia ed Austria (le banche traballano). Si salvano per ora solo la Germania e i suoi satelliti, ma solo grazie a svalutazioni competitive interne a scapito dei partner europei.
Secondo Bersani, “è stata bocciata la linea Merkel”. Non ha capito che è stata bocciata soprattutto la pallida alternativa avanzata da Monti: il downgrading della Francia, infatti, chiude definitivamente l’opzione Eurobond, o l’Ems, in quanto finanziati unicamente dai governi europei: questi ultimi non hanno più margini di manovra. Anche i grandi giornali liberali esitano a prendere atto del fallimento di Monti: troppo felici di essersi tolti dai piedi l’incubo B.; troppo grati per la manovra di bilancio (necessaria); troppo eccitati dal regolamento di conti avviato dal governo in carica (dai tassisti ai notai allo Statuto dei lavoratori), e spacciato come risposta alla crisi. Perciò continuano ad annunciare: luce in fondo al tunnel! Ma le leggi dell’economia non si piegano al wishful thinking.
Da Luglio questo blog si è concentrato su un unico tema: la crisi, e le condizioni per uscirne. L’indicazione più originale e importante credo riguardi il nemico pubblico n.1, gli spread: la Bce, e solo la Bce (adesso è chiaro!) li può abbattere; può farlo in qualsiasi momento, in due modi: spendendo soldi sui mercati finanziari; o gestendo le aspettative senza spendere un Euro. Molte altre tesi presentate nel blog sono ora meglio comprese, o sono diventate di dominio comune in Italia e all’estero. All’apice della crisi, è il momento di trarne le conseguenze politiche.
Monti non è Berlusconi, d’accordo. E’ disinteressato (si è ridotto lo stipendio); ed è un bravo economista. Ma gli economisti contemporanei -– come i medici – sono molto specializzati. Monti è esperto di Anti Trust. Le crisi finanziarie non sembrano nelle sue corde. Nell’Ott./Nov. 1991 ad esempio propose di convertire tutto il debito pubblico italiano in marchi (pagare meno interessi): se la proposta fosse stata attuata, il crollo della lira (Sett. 1992) avrebbe alzato il rapporto debito/Pil al 160%. Inoltre, Monti non vuole giocare fino in fondo la partita degli spread, per tutelare una concezione radicale del central banking che ha contribuito a promuovere fin dalla nascita dell’Euro. Sarà l’età avanzata che riduce la creatività: Monti, Merkel, Van Rompuy, Draghi, sono legati all’idea che la Bce non deve interferire (più di tanto) con la disciplina (punizione) che il mercato infligge ai debitori, unico antidoto al moral hazard. I pompieri non interferiscano con il fuoco, o la gente farà meno attenzione agli incendi. Perciò sostengono che lo Statuto della Bce impedisce alla banca centrale un ruolo maggiore nella crisi (falso), ma anche che lo Statuto della Bce non si cambia (il resto sì). Anche sul piano economico, le politiche dell’offerta di Monti oggi non sono affatto favorevoli alla crescita che, almeno fino al 2015, dipenderà dalla domanda.
Se l’obiettivo è contenere e superare la crisi in corso, il governo Monti ha già dato il meglio di sé. Perciò il Pd deve decidere adesso, approfittando di una breve finestra (prima del) temporale. O si lega alla linea cinica degli eurocrati (inclusa la crescente rigidità dell’Europa), e accetta Monti come leader anche per il futuro. Oppure prova ad andare oltre Monti – nonostante il premier sia difficile da scalzare -, lo ringrazia per la manovra di bilancio fatta, per la lezione di stile e serietà. E si salda con l’altra Europa: i socialdemocratici, i verdi; con loro si assume la responsabilità di fermare la deriva neoliberale, salvare l’Italia e i PIIGS dall’impoverimento controllato e dal default. Monti può liberalizzare mentre si vota. E non è detto che tutto ciò non lo convinca che in Europa le manfrine non bastano: accà nisciun’è fesso!