Politica

F-35, Di Paola: “Programma da rivedere”<br/>La Russa: “Sì revisione, ma limitata”

Non saranno 135, ma il progetto non verrà abbandonato. Lo ha detto il ministro della difesa in merito ai cacciabombardieri che l’Italia si è impegnata ad acquistare entro il 2026 al costo complessivo di 15 miliardi di euro

“Il programma F-35 è da rivedere”, anzi no. Forse, ma lo sapremo solo tra due o tre settimane quando gli americani decideranno che farne. Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola fa un passo avanti e uno indietro nella vicenda dei caccia Joint strike fighter (Jsf) che il governo italiano si è impegnato ad acquistare entro il 2026 con una spesa di 15 miliardi di euro per 131 cacciabombardieri. Il ministro, intervenuto oggi a In mezz’ora in onda su RaiTre, ha esordito con una frase che sembrava indicare la svolta: “Sto rivedendo il progetto”.

“La revisione – ha poi aggiunto il ministro – riguarda tutti i programmi, non ci sono vacche sacre, per una compatibilità finanziarie e tutte le strutture sono sottoposte a revisione”. Di Paola, incalzato sul punto da Lucia Annunziata, ha poi fatto marcia indietro sottolineando che «lo strumento militare ha una sua valenza, ma deve essere ricondotto a sostenibilità”. Per questi motivi Di Paola non ha fornito numeri circa la riduzione degli aerei che l’Italia potrebbe chiedere: “Dire un numero è come estrarre un numero al Lotto. Tra due-tre settimane avrò gli elementi pertinenti”. A proposito dello stop americano sullo stesso progetto, il ministro della Difesa ha spiegato: “Il progetto è sotto esame ma andrà avanti. Quando Panetta svelerà i programmi futuri del Pentagono l’F35 avrà il suo spazio”. Insomma il programma F-35 “andrà avanti”. Ci sono “difficoltà e giusti ‘warning’ dati all’azienda produttrice affinché apporti correttivi, ma i progressi fatti nello sviluppo giustificheranno una continuazione del programma”. Per spiegare il problema Di Paola ricorre a un paragone con la Formula Uno: “Anche la Ferrari è un programma complesso e abbiamo visto come anche la Ferrari ha avuto quest’anno problemi”. Insomma, si va avanti.

E tanto basta per scatenare reazioni di diffidenza da parte di quanti – associazioni, partiti, esperti – indicano nel programma dei nuovi caccia una spesa inutile ed evitabile soprattutto in una lunga stagione di sofferenza dei conti pubblici che da tempo sta chiedendo ai cittadini di piegarsi a nuovi sacrifici. Francesco Vignarca per Rete Disarmo, sfida apertamente il ministro a fornire cifre e dati circa la revisione in corso. “Perché in realtà quel programma è in fase di revisione da sempre. Il protocollo risale al 2007 e la firma per l’acquisto era programmata per il 2009. Siamo a gennaio del 2012 e in questa partita le incertezze continuano a crescere mentre si allunga la lista dei Paesi che senza tutte le schermature tipicamente italiane hanno ridotto o rinunciato all’acquisto in forza di eventi problematiche alla base del progetto”. Tra le altre, come ha rivelato Il Fatto Quotidiano, problematiche legate a difetti di progettazione. “La cosa paradossale – conclude Vignarca – è che uscire dal programma non comporta penali e lo abbiamo ampiamente dimostrato”.

Sul fronte politico affila le armi il partito trasversale dei contrari che ha tentato in sede parlamentare di disinnescare la corsa agli armamenti, proprio a partire dai caccia in assemblaggio a Cameri. Dura la reazione dell’Idv che nelle scorse settimane ha depositato interrogazioni specifiche al ministro – rimaste praticamente senza risposta relativamente all’F-35 – e mozioni per bloccare il programma. “Sono molto scettico di fronte agli annunci televisivi. Ne ho visti fino troppi rimasti promesse al vento”, dice ad esempio il capogruppo in Senato, Felice Belisario. “Temo che così sarà anche per l’impegno, quasi sussurrato, dal ministro Di Paola su RaiTre, di rivedere i programmi di difesa, compreso l’acquisto degli F35, in base al quadro finanziario”. Da qui l’invito a uscire dagli schermi e venire a confrontarsi con il Parlamento. “Aspettiamo Di Paola alla prova del nove, venga subito con provvedimenti chiari. Tagliare gli sprechi – conclude Belisario – è questo che si aspettano gli italiani, prima che si chieda loro di pagare ancora una volta”.

Anche il Pd si schiera contro la politica degli annunci e fa pesare le conseguenze economiche e sociali di una scelta che premia ancora le armi a scapito dei servizi ai cittadini. “Come spiegare agli italiani che dovranno probabilmente pagare un nuovo ticket per il ricovero in ospedale, ma che potranno sempre avvalersi di 131 nuovi aerei da guerra?”, attacca il senatore Ignazio Marino. Che invita esplicitamente il governo a imitare la Norvegia e la Danimarca che hanno sospeso l’acquisto delle macchine da guerra oppure di dare un taglio netto alla spesa militare come ha fatto la Germania, dove il cancelliere Merkel ha deciso di ridurre di 40mila uomini l’esercito e di rinunciare ad armamenti modernissimi. “In Italia – conclude Marino – con tre miliardi di euro potremmo mettere in sicurezza mille scuole; con 100milioni di euro (il costo di un solo F-35) potremmo acquistare 20 treni per i pendolari. Non sono numeri che si possono ignorare, soprattutto se si chiedono cospicui sacrifici ai cittadini”.

“Non è vero che se tagli dieci aerei liberi chissà quale risorse per altre cose”. L”ex ministro Ignazio La Russa smentisce che sia possibile fare marcia indietro e risparmiare ma conferma per fonti dirette che si stia studiando la possibilità di una riduzione. “Io ci ho prvato abbassando ad esempio il numero degli intercettori ma quando ho toccato il programma F35 mi sono trovato nell’impossibilità oggettiva di arrivare a una riduzione sensibile del programma”. Motivo? L’industria bellica. “Il ministro dell’Economia Tremonti mi ha fermato facendo leva sul fatto che non si sarebbero ottenuti benefici sulla spesa corrente perché non puoi stornare su altre voci quello che risparmi da un impegno di spesa. Sono investimenti pluriennali che esulano dal bilancio e non ti fanno neanche abbattere il debito. Peggio. Disarmare quel programma significava indebolire il ruolo industriale dell’Italia. E’ ovvio che se compartecipi a un programma come quello e poi da paese produttore ti sfili o riduci gli altri Paesi acquirenti si tirano indietro. Di Paola fa molto bene a fare i conti. Poi penso che dieci arei in meno si potrebbero comprare ma se ti dovverso mai servire questi asset non li trovi al supermercato e se malauguratamente ti servissero non li hai perché sono frutto di piani plurinnali”.