Il mese scorso aveva raccontato la sua storia a “It Gets Better”, un progetto in Rete che raccoglie le testimonianze di giovani omosessuali. Davanti a una telecamera, aveva detto di essere stato “tormentato, fisicamente e psicologicamente, per anni”. Aveva chiesto ai giovani gay di “non mollare, mai”.
Ma a mollare è stato lui. Eric James Borges, 19 anni, si è ucciso nella casa di Visalia, California, che divideva con un amico. La notizia è stata data dal gruppo Trevor Project, per cui Eric lavorava. Il suo compito era aiutare altri adolescenti gay. Evitare che, esasperati dagli abusi, si togliessero la vita.
Nelle ore successive all’annuncio, c’è incredulità, oltre che dolore, in molti gay e lesbiche americani, Il video era stato visto da tanti in rete e il ragazzo era diventato l’immagine della possibilità per i giovani omosessuali di superare bullismo, discriminazione, paura. La storia di Eric, un giovane bruno e magro, con un filo di barba sul mento, sembrava davvero incarnare la possibilità che le cose potessero “andar meglio”. Oltre al lavoro con Trevor Project, Eric aspirava a un futuro da filmaker. Un suo video di quattro minuti, “Invisibile Creatures”, anch’esso disponibile in Rete, mostra coppie di tutte le età e orientamenti sessuali mentre si baciano e scambiano tenerezze. Il messaggio, aveva spiegato il giovane regista, era che “l’amore è universale”.
Eric aveva fatto coming out un anno fa. Da sempre, sin dall’asilo, era stato oggetto di abusi sistematici. “Mi molestavano, mi sputavano addosso, mi escludevano, mi assalivano fisicamente. Il mio nome non era Eric, ma frocio”, racconta nel video. Al momento di entrare alle superiori, il ragazzo aveva sviluppato una forma di emicrania cronica. L’escalation della violenza nei suoi confronti (“un giorno mi assalirono in una classe piena di ragazzi. L’insegnante era presente”) lo portò ad abbandonare la scuola e a diplomarsi privatamente.
Il contesto familiare, conservatore e cristiano, non lo ha mai aiutato. “I miei genitori mi dicevano che ero disgustoso, perverso, innaturale e condannato all’inferno. Mia madre mi sottopose a un esorcismo nel tentativo di curarmi”. Disprezzo di sé, disperazione, suicidio diventarono pensieri abituali: “Mi avevano insegnato che la mia essenza più profonda era insostenibile e inaccettabile”.
Lo scorso ottobre Eric era stato cacciato di casa. Nonostante tutto, le cose avevano cominciato a sistemarsi. L’aiuto di un professore, al college, gli aveva ridato fiducia nel mondo degli adulti. Il sostegno psicologico di “Trevor Project”, con cui poi aveva iniziato a collaborare, sembrava aver cancellato i pensieri di morte. Eric era andato a vivere da solo e, come racconta nel video, si era innamorato.
“Era normale. Non dava segni di depressione. Niente che potesse far pensare al suicidio”, dice ora James Criss, il miglior amico. Il caso di Eric richiama comunque quello di altri due adolescenti gay che, di recente, hanno deciso di togliersi la vita. A fine 2010 Tyler Clementi, uno studente di Rutgers University, virtuoso del violino, si è gettato dal George Washington Bridge dopo esser stato video ripreso dal suo compagno di stanza mentre baciava un ragazzo. E lo scorso settembre un 14enne, Jamey Rodemeyer, si è ucciso a New York per le continue angherie subite a scuole. Episodi che paiono in contrasto stridente con le conquiste più recenti della comunità omosessuale americana (gay nell’esercito, estensione dei benefici sociali ai partner gay degli impiegati federali, matrimoni omosessuali in sette stati americani) e che testimoniano che il cammino verso l’accettazione, soprattutto per i più giovani e deboli, è ancora lungo e incerto. Ha lasciato detto, Eric, in “It Gets Better”: “Vi innamorerete e sarete amati e io vi amo. Avete un’intera vita, che brucia di opportunità, davanti a voi. Non mollate mai e non pensate nemmeno per un secondo che non rappresentate un contributo meraviglioso e pieno di senso a questo mondo. Le cose andranno meglio”.