Doveva essere l’attacco finale al fronte contro la caccia in Piemonte, ma si sta rivelando un boomerang. Il “trucco” legislativo proposto la settimana scorsa dall’assessore all’agricoltura della regione, il leghista Claudio Sacchetto, che rischiava di far decadere all’ultimo momento il referendum sulla caccia, unico esempio in Italia, atteso in regione da 25 anni e previsto per la prossima primavera, sembra non aver portato ad altro che all’accelerazione dei tempi per la tornata referendaria.
La settimana scorsa in Commissione caccia, Sacchetto aveva presentato un emendamento che avrebbe potuto cancellare l’intera legge regionale 70 del 1996 nell’intento di eliminare, insieme alla legge, tutti i punti del referendum sottoscritto da 60mila piemontesi e oramai dato per certo dal Tar in un weekend tra il 15 aprile e il 15 giugno 2012.
La storia del referendum piemontese comincia nel 1987 quando 60mila cittadini esprimono il loro parere contrario alla caccia chiedendo un referendum regionale che limiti fortemente le specie cacciabili e tempi previsti dall’attività venatoria. Ma l’allora giunta di centrosinistra, non potendo cancellare il referendum decide di cancellare la legge, aprendo un contenzioso legale durato 25 anni finché finalmente nel 2010 la sentenza della Corte di appello di Torino ha sancito la sussistenza del diritto del comitato promotore di portare avanti il referendum.
Il 23 novembre 2011, dopo la mobilitazione delle associazioni Lac, Pro Natura e del comitato referendario anticaccia, una sentenza del Tar conferma la decisione della Corte per la primavera prossima. Ma la situazione improvvisamente precipita proprio per l’iniziativa di Sacchetto. Con la pressione diretta del presidente Roberto Cota, pronto a ribadire che un referendum costa troppo per le tasche dei cittadini (sui 15 milioni di euro, ndr), l’assessore all’agricoltura compie il passo falso.
“In commissione, Sacchetto ha parlato più volte di come la caccia rappresenti per lui un diritto dei cittadini”, spiega il consigliere Fabrizio Biolé, del Movimento 5 Stelle, “ma il pastrocchio che ha creato con il suo intervento potrebbe avere conseguenze inaspettate per la maggioranza in Regione. Possiamo recepire, nostro malgrado, che il referendum ha un costo, ma l’unico modo per proseguire è discutere su una proposta di legge che recepisce il quesito referendario”.
Già, ma ora i tempi per altri colpi di mano si stanno esaurendo, perché nell’ultima sentenza il Tar ha previsto per il 25 gennaio 2012 la nomina di un commissario ad acta per le operazioni referendarie. Ciò significa che ci sono solo otto giorni per modificare la legge del ’96 per via legislativa ordinaria altrimenti si va al voto: “Assieme all’altro consigliere M5S, Davide Bono, e a due colleghi dell’Idv abbiamo presentato una proposta di legge che riprende i quattro punti chiave del referendum: colpire i privilegi concessi alle aziende faunistico-venatorie, ridurre drasticamente il numero delle specie cacciabili (da 29 a 4), impedire la caccia la domenica e con il terreno coperto di neve”.
Anche se ieri pomeriggio in commissione, tra le proteste dei refendari all’esterno del palazzo della Regione, tutti i consiglieri si aspettavano un disegno di legge da parte di Sacchetto, ma non si è visto nessun testo scritto: “E’ stato un passo falso della maggioranza, una perdita di tempo ulteriore se proprio avessero voluto risparmiare evitando la tornata referendaria”.
L’assessore leghista che ha escogitato l’unico impedimento possibile al referendum atteso da un quarto di secolo era già tristemente passato alle cronache, alcuni anni fa, per il piano di abbattimento della fauna alpina nella provincia di Torino; oltre a essere un punti di riferimento governativo per la potente lobby dei cacciatori piemontesi.
Operazione raffazzonata, quella dell’assessore, che secondo Biolé cerca di celare i malumori di una maggioranza che si sta sfaldando: “Questa maggioranza è allo sbando, non ha una guida o un filo politico certo. Senza dimenticare che in Piemonte i cacciatori sono attorno ai 20mila e le firme raccolte per il referendum sono 60mila. Vedrete che alla fine il referendum si farà e saranno i cittadini a dare una risposta netta sull’annoso problema della caccia”.
di Laura Budriesi e Davide Turrini