“La difficile situazione che abbiamo ereditato ha reso necessarie decisioni difficili per rimettere in sesto la nostra economia. La nostra sicurezza nazionale dipende dalla nostra sicurezza economica e viceversa. Per questo, riportare in equilibrio il bilancio della difesa è una parte vitale del percorso per affrontare il deficit e proteggere la sicurezza nazionale di questo Paese”. Con queste parole si apriva la Strategic Defense and security review annunciata dal governo britannico nel 2010 e appena completata.

Le 75 pagine del documento costituiscono la cornice, di pensiero strategico e di analisi delle minacce alla sicurezza nazionale nella quale il governo di sua maestà ha annunciato oggi una serie di tagli alle forze armate. Tagli che però, viene precisato nell’introduzione firmata dal primo ministro David Cameron e dal suo vice Nick Clegg, non comporteranno una drastica riduzione della spesa militare: il settore della difesa, scrivono i due leader della coalizione al governo a Londra, “contribuirà alla riduzione del deficit meno di altri settori”. In termini di soldi, Londra si impegna a continuare ad avere “il quarto bilancio della difesa del mondo” e a rispettare l’indicazione della Nato che punta al 2 per cento del Pil come standard per le spese militari dei paesi membri, uno standard che peraltro pochi rispettano.

In termini reali, però, la cura dimagrante prevista dalla “revisione” della strategia britannica è piuttosto consistente: entro il 2015, la Royal Navy e la Royal Air Force dovranno tagliare 5 mila posti ciascuno, l’esercito dovrà fare di più, tagliando 7 mila posti, mentre i dipendenti civili del ministero della difesa saranno ridotti di 25 mila unità.

Philip Hammond, ministro della difesa, presentando il documento ha detto ai media britannici: “Non abbiamo altra scelta che ridurre le dimensioni delle forze armate, cercando nello stesso tempo di mantenerle agili, adattabili ed efficaci”. Il piano di riduzione non si ferma al 2015. Entro il 2020, per esempio, si prevede che l’esercito scenda a una forza numerica di 82 mila soldati, dai 100 mila attuali. Per dare un termine di paragone, l’Esercito italiano prevede di attestarsi nel prossimo futuro a una cifra attorno ai 150 mila soldati. E se per la marina e l’aviazione la riduzione di personale sarà affrontata soprattutto non serrando i ranghi lasciati vuoti da chi va in pensione e limitando l’arruolamento, per l’esercito si parla della chiusura di alcune unità. Una delle prime a essere sulla lista dei tagli è il reggimento di Gurkha nepalesi, parte integrante dell’esercito britannico dal 1947. Il reggimento Gurkha è stato già ridotto di 400 uomini nella precedente serie di tagli e ora potrebbe subire ulteriori riduzioni di organico.

Per la Royal Navy, uno dei punti principali riguarda le portaerei: il Regno unito punta ad avere una sola portaerei, la Queen Elizabeth, che però dovrà essere modificata per poter ospitare sul ponte di volo anche aerei statunitensi e francesi. Questo comporta che l’entrata in servizio dell’ammiraglia slitta dal 2016 al 2020. Inoltre, per ridurre i costi, la Royal Navy non impiegherà la versione a decollo corto (Stovl) dell’F35 Jsf, ma quella “normale” imbarcata – che richiede l’uso di una catapulta dal ponte della portaerei. La riduzione dei costi, secondo le stime del governo di Londra, è nell’ordine del 25 per cento. Salvo che questa decisione britannica rischia di mettere ancora più a rischio la versione Stovl dell’F35, a cui è interessata la Marina militare italiana per imbarcarla a bordo della Cavour, che non ha una catapulta ma è progettata appunto per aerei Stovl (l’acronimo sta per «short take off vertical landing», decollo corto e atterraggio verticale). Nella parte dedicata ai tagli per la Raf, inoltre, il documento parla di “riduzione del numero previsto di Jsf”, senza fornire però cifre precise su quanti se ne vorrebbero comprare. In origine, l’ordine britannico era per 150 esemplari, compresi quelli per la Stovl, che è già nel mirino del Pentagono per una revisione del progetto visti i costi in continua ascesa. È possibile, dopo la decisione britannica, che anche la “revisione2 del progetto annunciata come imminente dal ministro della difesa italiano Giampaolo Di Paola possa andare nella stessa direzione.

Infine, per il futuro prossimo, anche Londra prevede come del resto già annunciato da Washington alcuni giorni fa, di aumentare la capacità e il numero delle forze speciali così come di incrementare la componente dedicata alla cyberguerra, a cui, per la prima volta nella storia del Regno Unito, sarà dedicato un comando apposito.

di Joseph Zarlingo

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