Fitch giudica positivo il lavoro del governo MOnti ed esclude l'ipotesi del default dell'Italia. Sarkozy accelera sulla Tobin Tax: "Moralmente giusta ed economicamente indispensabile". Il Fondo monetario internazionale incrementerà fino a mille miliardi di dollari la propria disponibilità
La buona notizia per Monti, invece, arriva da Fitch, secondo cui “l’Italia è veramente troppo grande per fallire”. L’agenzia di rating, a sentire l’analista Edward Parker, non ritiene probabile un fallimento dell’Italia, tanto che un default del Belpaese “non è nelle nostre aspettative”. Positivo il giudizio sul governo Monti, che per Fitch “ha contribuito a ricostruire la fiducia sull’Italia”. L’analista, inoltre, non ha mancato di riservare una stoccata al governo Berlusconi, che “ha mancato la finestra d’opportunità per implementare le riforme economiche e l’aggiustamento fiscale in un periodo economico molto più favorevole di quello attuale e ha anche perso credibilità verso gli altri policy maker e Stati europei”. Per Parker, invece, quella del governo Monti “è una buona partenza” e “le politiche decise sono giuste e di cui c’era bisogno”.
Il managing director di Fitch, però, ha ribadito che “la situazione è fragile: in realtà il deficit è basso ma il problema è il divario tra i tassi di crescita e quelli di interesse”. Secondo Parker, quindi, è necessario “dare una scossa alla fiducia degli investitori e ridurre i tassi di interesse sul debito. Quello su cui Monti può fare la differenza è nel dare maggiore fiducia sull’azione politica italiana, ma c’è tanto ancora da fare”.
Le previsioni di Moody’s e Fitch sulla tenuta dell’Italia e, quindi, dell’Europa sono arrivate nel giorno in cui la Banca Mondiale ha lanciato un allarme su scala planetaria: le stime di crescita del pil planetario sono in discesa, con il rallentamento dell’economia che rischia di investire duramente i Paesi in via di sviluppo. La causa? Crescita inferiore alle attese (2,5 per cento nel 2012 contro il 2,7 per cento stimato nel 2011), fattore che deriva dalla crisi dell’area euro. Non solo. Secondo la Banca mondiale, le nuove stime potrebbero essere sin troppo ottimiste. Il pil mondiale, del resto, crescerà del 2,5 per cento nel 2012, ovvero 1,1 punti percentuali in meno rispetto a quanto previsto in giugno. Nel 2013, invece, la crescita dovrebbe accelerare al 3,1 per cento. Per il 2012, del resto, il motore della crescita saranno le economie in via di sviluppo (+5,4 per cento), mentre per le economie avanzate la crescita sarà dell’1,4 per cento, con il pil di Eurolandia che secondo le previsioni dovrebbe contrarsi dello 0,3 per cento.
“Il rallenatmento dell’economia è percepibile nella diminuzione degli scambi commerciali a livello mondiale e nel calo dei prezzi dei prodotti di base” hanno fatto sapere dalla Banca Mondiale, secondo cui gli scambi commerciali sono previsti salire del 4,7 per cento nel 2012, contro il +6,6 per cento del 2011 e il +12,4 per cento del 2010. Anche da qui l’avvertimento alle nuove economie planetarie: “I Paesi in via di sviluppo devono prepararsi a nuovi choc con la crisi del debito nell’area euro e il rallentamento della crescita delle grandi economie emergenti” hanno evidenziato dall’istituto di Washington, che nel suo messaggio ha fatto riferimento alla Cina e al Brasile, che hanno meno spazio di manovra fiscale e monetaria rispetto al 2008-2009 per combattere la crisi. Per questo motivo “devono finanziare i loro deficit, dare la priorità alle reti di protezione sociale e alle infrastrutture e condurre stress test sulle banche nazionali”. Le prospettive per i paesi poveri sono favorevoli ma – ha sottolineato la Banca Mondiale – “se la crisi si intensifica nessuno sarà risparmiato. E’ necessario prepararsi al peggio”, con il tema della sicurezza alimentare per i Paesi più poveri a diventare di fondamentale importanza.
L’Europa e la crisi della moneta unica, quindi, come centro di una crisi che si espande a macchia d’olio, coinvolgendo le economie in crescita. Anche per questo motivo dalla risposta del Vecchio Continente dipenderanno gli scenari futuri di quasi tutti i Paesi del pianeta. In tal senso, il presidente francese Nicolas Sarkozy è tornato a ‘spingere’ sulla necessità di strumenti finanziari condivisi, primo fra tutti la Tobin tax, definita dall’Eliseo “moralmente giusta ed economicamente indispensabile”. Sarkò, inoltre, ha confermato la sua “determinazione totale ad agire sulla tassa sulle transazioni finanziarie”, aggiungendo che “il numero dei Paesi favorevoli aumenta” e facendo riferimento ai sì di Germania e Spagna.
Per motivare l’assoluta necessità di prendere decisioni condivise e veloci, il presidente francese è tornato a battere sull’aggravarsi della situazione. “Viviamo da alcune settimane un nuovo peggioramento della crisi che ci obbliga ad agire” ha detto Sarkò, incontrando le parti sociali francesi per discutere le soluzioni da adottare. Nel frattempo, inoltre, il Fondo monetario internazionale ha annunciato la sua strategia per fronteggiare l’aggravarsi della situazione: rafforzerà le proprie risorse a mille miliardi di dollari per salvaguardare l’economia globale da un peggioramento della crisi del debito in Europa. A rivelare la notizia all’agenzia Bloomberg è stato un funzionario del G20, precisando che il Fmi conta di raggiungere una intesa al G20 del 25-26 febbraio.
Il difficile scenario prefigurato dalla Banca Mondiale, del resto, non può non ripercuotersi sui listini. Oggi è stato il Portogallo che mette alla prova ai mercati con un’offerta di titoli di stato. Dagli Usa, invece, nel pomeriggio sono attesi i dati sulla produzione industriale. Sui listini in evidenza il tonfo di Commerzbank (-4,1%) dopo il taglio del rating da parte di Moody’s. Tutte negative, invece, le aperture delle principali Borse europee: Londra -0,55%, Parigi -0,68%, Francoforte -0,53%, Madrid -1,01%, Milano -1,04%, Amsterdam -0,67%, Stoccolma -0,61% e Zurigo -0,37%. Buone notizie, inoltre, per quanto riguarda il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi. Lo spread, dopo aver aperto intorno a quota 470, è sceso sotto i 460 punti (a 458), sulla scia delle voci che il Fmi si appresta ad aumentare a mille miliardi le sue risorse per aiutare l’Europa. Il rendimento del decennale, invece, è calato al 6,39%. La mossa del Fmi, inoltre, ha successivamente trainato anche Piazza Affari, tornata in positivo. L’indice Ftse Mib, che perdeva l’1%, a metà mattinata è salito dello 0,30%, All Share +0,20%. Tra le banche da notare il +4% di Bpm dopo che il presidente Annunziata ha affermato che la banca intende trovare una soluzione positiva al problema del convertendo. Su anche Banco Popolare (+1,1%) e Intesa (+1,8%). Tra gli altri titoli, St sale del 3,5%, Lottomatica +2,6%, bene i cementi, Finmeccanica +1,9%. Ancora giù Unipol (-4,4%) e Fiat (-1%).
Dopo un tentativo di rimbalzo, però, nel primo pomeriggio Piazza Affari è tornata in territorio negativo, con il Ftse Mib che ha ceduto lo 0,32% a 15.277 punti, mentre l’All Share ha lasciato sul terreno lo 0,33% a 16.108,7 punti. A trascinare il listino verso il basso soprattutto i titoli bancari, con Bper che ha ceduto il 3,41%, Mps -2,7%, Ubi Banca -2,31% e Mediobanca -2,37%. Anche Fiat prosegue in calo e alle 14,20 aveva ceduto l’1,88%. Acquisti invece su StMicroelectronics (+3,49%), Bpm +1,62%, Finmeccanica +1,99% e Lottomatica (+1,58%). Tra i bancari positiva Intesa Sanpaolo (+0,71%). L’apertura positiva di Wall Street – nei primi 15 minuti di contrattazioni il Dow Jones ha guadagnato lo 0,09%, il Nasdaq lo 0,11% – non ha cambiato più di tanto la tendenza, con le Borse europee abbastanza deboli, con l’eccezione di Francoforte (+0,2%): Londra +0,02%, Milano -0,19%, Parigi -0,02% e Madrid -0,95%. Relativamente basso lo spread tra Btp e Bund, assestatosi sotto quota 470 punti (466 punti, rendimento decennale al 6,44%) sulla scia delle voci che il Fmi intende aumentare a mille miliardi le sue risorse per aiutare l’Europa. Proprio su questo tema, nel pomeriggio è arrivata la precisazione del Fondo monetario internazionale, il quale in una nota ha spiegato che punta a raccogliere 500 miliardi di dollari e più di ulteriori risorse da prestare, partendo dall’ipotesi che le stime di potenziali finanziamenti globali necessari nei prossimi anni sono di 1.000 miliardi di dollari.