"Siamo tutti banditi del clima". Parte oggi sul web la mobilitazione di Greenpeace in sostegno a Salvatore Barbera, attivista dell’associazione e responsabile della campagna clima e energia, bandito da Roma per due anni in seguito alla sua partecipazione a un blitz pacifico davanti a Palazzo Chigi, lo scorso 6 dicembre
Dopo 42 giorni e nonostante l’unanime condanna del provvedimento da parte del mondo ambientalista e un’interrogazione al ministro Cancellieri a firma dei senatori Pd Ferrante e Della Seta, è ancora in vigore il foglio di via firmato dal procuratore Tagliente per l’ambientalista, costretto dal 7 dicembre ad abbandonare la capitale, dove lavorava e viveva stabilmente, per fare ritorno a Pistoia, sua città d’origine e di residenza.
“Lo scorso 6 dicembre, in concomitanza con la partecipazione del governo italiano alla conferenza di Durban sui cambiamenti climatici, abbiamo dato vita ad un’azione del tutto pacifica di fronte al palazzo del governo, aprendo alcuni striscioni con la scritta ‘Il clima cambia la politica deve cambiare’ e mettendo in scena con degli attori la rappresentazione dell’immobilismo della politica di fronte alle emergenze climatiche” racconta Salvatore Barbera.
“Al termine dell’azione io e altri sette attivisti siamo stati condotti in commissariato, denunciati per manifestazione non autorizzata e trattenuti per quasi dieci ore, fino a quando mi è stato notificato il foglio di via da Roma. Entro 24 ore dovevo lasciare la capitale e presentarmi in commissariato a Pistoia per dimostrare che avevo lasciato la capitale. In questo momento sono un uomo libero, ma se il provvedimento non verrà ritirato o annullato da una sentenza non potrò mettere piede nel comune di Roma per i prossimi due anni, a rischio di essere arrestato per un periodo da uno a sei mesi.”
Un “esilio” giustificato legalmente dalla Questura sulla base del decreto legislativo 159/2011 che riprende la legge 1423/56 consentendo di applicare provvedimenti extra processuali a carico di soggetti considerati pericolosi per la pubblica sicurezza, come “oziosi e vagabondi abituali, coloro che sono abitualmente dediti a traffici illeciti o che vivono abitualmente con il provento di delitti; dediti a favorire lo sfruttamento della prostituzione, la tratta delle donne, la corruzione di minori” o ancora “ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti” o a svolgere abitualmente “altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume”.
In pratica delinquenti, mafiosi e soggetti pericolosi per gli altri: il ritratto perfetto dei “pericolosissimi banditi del clima” che Greenpeace chiama provocatoriamente ad autodenunciarsi sul nuovo sito web della campagna, www.banditidelclima.org.
“Il foglio di via fa riferimento ad una vecchia legge pensata più di mezzo secolo fa per allontanare i mafiosi dalle loro aree di influenza. E’ assurdo che una manifestazione non violenta venga giudicata al pari di un crimine mafioso, oltretutto la nostra azione non ha dato luogo a nessuna denuncia” sottolinea Barbera, che nel ruolo di responsabile di campagna, ha partecipato a tutte le iniziative organizzate lo scorso anno da Greenpeace in vista del referendum sul nucleare.
Un tentativo di criminalizzare i blitz dell’associazione e il diritto di agire per la tutela dell’ambiente che non è nuovo per gli avvocati di Greenpeace: già nel 2007 a Brindisi dodici attivisti furono banditi per tre anni in seguito ad un’azione nella centrale a carbone Enel mentre a fine maggio 2011 lo stesso provvedimento fu adottato dopo la spettacolare iniziativa anti nucleare allo Stadio Olimpico di Roma. In entrambi i casi sentenze dei Tar hanno poi annullato i decreti della polizia.