Si sono presentati anche a Reggio Emilia gli uomini del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Roma. Destinazione la sede di via Nobel di Pastarito Srl dove tuttavia – sostiene l’azienda – non sarebbe stato notificato alcun provvedimento di sequestro delle quote né ordinanze di custodia cautelare per persone che fanno parte dell’assetto societario. Ad aver portato qui i militari delle fiamme gialle, che a livello nazionale hanno congelato 13 aziende ponendole in amministrazione controllata, la necessità di informazioni su una persona nelle indagini della magistratura della capitale.

Si tratta di Giancarlo Vigo, d’origine torinese e fondatore nel 1993 della Pastarito Spa, posto agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta patrimoniale e documentale e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. È uno dei nomi che infatti emerge dalle 16 ordinanze emesse dal gip di Roma per 7 persone finite in carcere, altre 5 oltre a Vigo ai domiciliari e 3 con l’obbligo di presentarsi all’autorità giudiziaria.

L’inchiesta, che ha coinvolto soprattutto attività produttive attive nel Lazio, ma anche arriva anche i Lombardia, oltre che in Emilia Romagna, ruota attorno all’ipotesi che siano stati fatti sparire 10 milioni di euro, la metà verso le casse dello Stato mentre al 700 mila euro sarebbero contributi previdenziali non versati. Il valore invece dei beni distratti, in base quanto ricostruito sempre dalla procura di Roma, è di una cinquantina di milioni di euro proveniente da 9 società che, etichettate come “bad company”, erano state spogliate e fatte fallire.

Cosa c’entra la società a responsabilità limitate di Reggio Emilia con l’indagine romana? In base a quanto dichiara Daniela Fabbi, responsabile della comunicazioni di Cir Food (Cooperativa Italiana di Ristorazione, terzo gruppo italiano nel settore dopo Autogrill e McDonal’s di cui Pastarito Srl fa parte), “all’origine della vicenda che ha coinvolto anche il nostro brand ci sarebbe un equivoco. Giancarlo Vigo, indicato come il ‘patron’ della nostra azienda, in realtà era proprietario di una quasi omonima società per azioni. Quando abbiamo fondato la srl, abbiamo rilevato un marchio, ma la compagine sociale è del tutto diversa”.

Dunque nessun provvedimento è stato notificato a Reggio Emilia oggi? “No”, risponde Fabbi, “ci hanno chiesto solo collaborazione nel fornire informazioni di Vigo nel caso ne fossimo in possesso. Non escludo che l’autorità giudiziaria di Roma possa comunicarci qualcosa nei prossimi giorni, ma finora non c’è stato nulla e non c’entriamo niente con l’indagine in corso”.

L’indagine, che finora ha portato al sequestro di un paio di milioni di beni, comprende società che operano i vari settori: dal commercio elettronico all’hi tech fino al comparto alimentare. E le verifiche in corso da parte di magistratura e fiamme gialle riguarderebbero fallimenti pilotati per dirottare i debiti delle società su binari morti recuperando invece i patrimoni da destinare a “good company”.

L’inchiesta era partita dalle dichiarazioni fornite da Franco Carlos Salerno, ritenuto un prestanome nominato amministratore di un centinaio di società. In base a quanto avrebbe detto agli investigatori nel corso dei mesi scorsi, i tre professionisti finiti in carcere sarebbero stati il perno di un’organizzazione a cui si rivolgevano imprenditori quando decidevano di far sparire i propri beni aziendali per evitare che finissero nelle mani dei creditori. “Si tratta di una nuova strategia d’impresa, un nuovo modo di fare business”, ha dichiarato a Radiocor il tenente colonnello Claudio Solombrino, che ha seguito l’inchiesta.

AGGIORNAMENTO

Con sentenza 8 febbraio 2013, diventata definitiva in data 17 marzo 2013,  emessa dal Gup di Roma Dott. Bernadette Nicotra, Giancarlo Vigo ha patteggiato la pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione con ivi riconoscimento delle attenuanti generiche e della condotta fattivamente collaborativa resa dall’interessato.

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