L’Ateneo degli imperfetti esiste. Io ci sono stato. Sta in via Bottenigo 209 a Marghera. É in un luogo oscuro, proprio in fondo a quell’area industriale che ora quasi non c’è più. É incuneato nel territorio in cui sono state gettate le basi per quell’economia egoista oggi in crisi che ha la sfrontatezza di chiamarsi padana (oltraggiando così l’unico padano serio: il Grana).
Qualche sera fa sono stato invitato per parlare del mio libro sugli ebook. Un libro che parla di libri e, sopratutto, di come cambia la società in seguito all’arrivo di queste diavolerie elettroniche che sembrano far sparire quei pacchetti di fogli di carta incollata che chiamiamo libri.
Se c’è un motivo al mondo per cui ha senso scrivere un libro è che poi, magari, ti invitano in posti come questo che altrimenti non avresti mai conosciuto. L’Ateneo è un luogo gestito da un gruppo di libertari e anarchici che organizza una serie di attività culturali e laboratori. La cosa che colpisce entrando è la cura con cui i lavori all’interno sono stati effettuati dai volontari. Davvero un contrasto con il mondo scuro e nebbioso che resta al di fuori della casa.
Di sotto, a sinistra appena entrati, c’è un gran tavolo in una bella cucina e al piano di sopra una biblioteca e una sala per gli incontri. Ci si arriva salendo una scala che dà su una porta di legno colorata di un blu oceano. Una porta che se l’aprissi non ti sorprenderebbe se di là ci fossero il mare e le onde. E invece no. È una porta finta. Cioè la porta è vera, ma non si apre e se si apre lo fa su un muro intonacato di bianco. E comunque è una porta che allarga gli spazi. Ti fa pensare che in ogni luogo chiuso esiste una via di fuga: e che è inutile che la cerchi al di là del muro. Forse è il caso di cominciare a scalfire il muro che è dentro di te. Per aprire pertugi, spiragli.
E la gente. La gente all’Ateneo ha nomi strani (Elis, Eligio…) e fa cose inusuali mentre partecipa: c’è chi fa la maglia e chi prepara la pasta (perché dopo si mangia! Questo è un altro ottimo motivo per scrivere un libro. Perché poi dopo le presentazioni magari si mangia…). Ma tutti, proprio tutti, hanno un interesse profondo per il dialogo. Qui non succede come di solito alle conferenze che c’è chi per timidezza non riesce a dire la sua perché teme di non fare domande intelligenti.
No. All’Ateneo degli Imperfetti non è richiesto essere intelligenti. È sufficiente “restare umani”, condividere le proprie imperfezioni. Non c’è alcun riguardo per la presunta autorità dello scrittore. E si parla e si discute, si alza la voce anche, ma col sorriso negli sguardi e con un calore che resiste. Un calore che non ce la faranno a spegnere.
Non ce la farà la crisi.
Non ce la farà Monti.
Non ce la faranno neppure quelle diavolerie elettroniche che mi piacciono tanto (come gli ebook e gli smartphone), ma poi spesso isolano di più le persone seducendole con l’illusione di comunicare meglio.
Ecco, se capitate in posto brutto come Marghera (perché è brutto proprio!) non fuggite subito.
Provate a guardarvi intorno. Magari c’è una porta di fronte alla prostituta che vendendosi cerca di salvare la propria vita dalle botte dei magnaccia. Un porta di acciaio nera con sopra una bella insegna: Ateneo degli imperfetti.
Aprite quella porta. Ne vale la pena.