C’è una svolta nelle indagini sulla morte del giovane marocchino trovato impiccato domenica scorsa in via di Boccea, nella periferia di Roma. Mohamed Nasiri – ritenuto uno dei due rapinatori di Torpignattara – non si sarebbe impiccato spontaneamente ed ora la Procura di Roma procede per istigazione al suicidio. Due gli elementi che avrebbero portato gli inquirenti a immaginare uno scenario differente rispetto alle prime ricostruzioni. Il primo sarebbe emerso dall’autopsia: sul collo di Nasiri appare un segno giudicato non compatibile con un gesto spontaneo, una sorta di livido dovuto ad una coercizione. Il secondo indizio è determinante per la ricostruzione delle ultime ore prima della morte e riguarda l’acquisto della corda utilizzata per l’impiccagione e il veleno per topi trovato vicino al corpo. I commessi della ferramenta di Val Malaina, dove è avvenuto l’acquisto, non avrebbero riconosciuto la foto di Nasiri. Alla preparazione del “suicidio” avrebbe partecipato, dunque, almeno un’altra persona, per ora sconosciuta.
L’inchiesta, affidata al Pm Luca Tescaroli, ora dovrà puntare a ricostruire passo dopo passo le ultime ore di vita del marocchino accusato di aver partecipato alla rapina costata la vita all’imprenditore cinese Zhou Zheng e alla sua figlia Joy. I risultati dell’autopsia, affidata al professor Paolo Procaccianti, non hanno comunque evidenziato segni di violenza sul corpo, rendendo ancora più complessa la ricostruzione. Fondamentali saranno gli esiti degli esami tossicologici, attesi per i prossimi giorni, e le simulazioni che verranno eseguite sul luogo di ritrovamento del cadavere.
L’unico indizio di rilievo, allo stato delle indagini, sono i tre scontrini della ferramenta della zona est di Roma emessi il 9 gennaio, cinque giorni dopo il duplice omicidio di Torpignattara. La data è già di per se sospetta: l’acquisto del veleno e della corda sarebbe infatti avvenuto almeno quattro o cinque giorni prima della morte di Nasiri. Ed è improbabile che l’intenzione di suicidarsi sia stata presa quasi una settimana prima e preparata con questa cura decisamente sospetta.
Il Pm Tescaroli ha ieri affidato al Ris dei carabinieri l’incarico di esaminare con cura l’area dove è stato ritrovato il corpo di Nasiri, nel casolare abbandonato in piena campagna romana. La delega è precisa: ogni minimo segno o traccia di altre presenze sul luogo della morte del giovane marocchino sarà fondamentale per capire chi lo abbia accompagnato e assistito fino al momento della morte. Un vero rompicapo, che si aggiunge al contesto per nulla semplice della rapina del quattro gennaio, che ha colpito un imprenditore cinese titolare di un importante punto di gestione e invio all’estero di ingenti somme. Un money transfer di cui oggi non rimane più traccia, visto che – secondo alcune testimonianze – il locale è stato letteralmente svuotato poche ore dopo la rapina. Un vero giallo, nella Chinatown della periferia est della capitale.