Cultura

Roma omaggia Vittorio De Seta <br> con una rassegna dedicata al documentarista

La filmografia del padre del documentario italiano abbraccia l'ultimo mezzo secolo di storia del Paese: dai corti degli anni '50 in Sicilia e Sardegna, fino al 2004 quando con “Lettere dal Sahara” racconta la vicenda di un immigrato africano

Un uomo schivo, un innovatore, un documentarista sincero. Vittorio De Seta, scomparso lo scorso 28 novembre, riceve il tributo alla sua opera: Roma gli dedica una rassegna. Dal 14 gennaio al 1 febbraio 18 spazi e schermi si uniscono per rendere omaggio al grande maestro del cinema del reale.

La retrospettiva non conterrà solo la filmografia ufficiale del regista siciliano, ma anche una serie di materiali inediti come interviste, backstage.

De Seta ha diretto pochi film. Negli anni 50 gira alcuni cortometraggi in Sicilia e Sardegna. “Lu tempo de lu pisci spata”, “Isole di fuoco”, “Un giorno in Barbagia”, i più conosciuti.

Uno dei tratti caratteristici della sua poetica era “documentare il mondo com’era”. Ciò nonostante è sempre stato un innovatore: già alla fine degli anni 50 sceglie di girare a colori e rifiuta la voce narrante affidando alle immagini il compito di raccontare la realtà.

Nel 1961 con “Banditi a Orgosolo” passa al lungometraggio. Nel film, sceneggiato insieme alla moglie Vera Gherarducci, recitano, in pieno stile neorealista, i pastori del paesino dell’entroterra sardo. Dopo aver vinto il premio alla miglior opera prima al Festival di Venezia in un’intervista dichiara: “I pastori mi chiedevano perché venissi qui. Ma quando si vedevano sullo schermo si accorgevano di essere portatori di cultura”.

Successivamente cambia registro e gira “Un uomo a meta”e “L’invitata”, pellicole accolte freddamente dalla critica ma apprezzate da Pierpaolo Pasolini.

Nel 1972 torna alle tematiche degli esordi realizzando per la RaiDiario di un maestro”, miniserie televisiva sulla difficile esperienza di un insegnante in una borgata romana. Per la ripresa del sonoro utilizza la presa diretta, dimostrandosi ancora una volta un innovatore ostinato a favore del realismo.

Negli anni settanta il regista si ferma. Un distacco della retina e la morte della moglie lo conducono a Sellia Marina (Catanzaro) dove si ritira a fare l’agricoltore. In questo periodo tiene seminari, partecipa a festival e incontra giovani film-maker con i quali discute e condivide la propria esperienza di cineasta.

Nel 1993 e nel 2004 torna al documentario con In Calabria” e “Lettere dal Sahara”, ritrovando energia e lucidità per raccontare la regione in cui vive, nel primo, e la storia di un immigrato africano, nell’ultimo film della sua carriera.

Alla fine della rassegna che ripercorrà la sua opera, l’associazione Doc/It, della quale il regista è stato presidente onorario per 10 anni, regalerà agli spettatori una pubblicazione. “Abbiamo chiesto alle persone che lo hanno conosciuto di raccontarci un aneddoto e li abbiamo raccolti in un libro”, dice Mariangela Barbanente (Presidente di Doc/It). In questa pubblicazione, che sarà scaricabile dal sito dell’associazione, si troveranno i racconti di Luciano Tovoli (direttore della fotografia in “Diario di un maestro”), Ennio Morricone (autore delle musiche di “Un uomo a metà” e tanti altri. Venti piccoli racconti delle esperienze umane vissute con il maestro. Inoltre, Feltrinelli Real Cinema, dopo aver pubblicato “Il mondo perduto” che raccoglie i documentari di De Seta degli anni 50, a marzo si appresta a far uscire “Diario di un maestro” in versione integrale e restaurata. La pubblicazione conterrà un volume allegato con vari contributi, fra cui quelli di Ascanio Celestini, Gianni Amelio, Goffredo Fofi che rappresentano il corale ringraziamento dal mondo della cultura al lavoro del maestro.

di Danilo Monte