Democrazia, sovranità, volontà popolare: rischiano di diventare davvero parole vuote.
27 milioni di cittadini italiani si sono espressi contro la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici a rilevanza economica. Ciò avveniva il 12 e 13 giugno 2011. Solo sette mesi fa. Sembra, però, che siano passati sette anni, dato che mezzo governo sembra non ricordarsi di cosa ha deciso il popolo italiano. La bozza di decreto sulle liberalizzazioni che il governo Monti si appresta ad approvare sembra contenere norme sui servizi pubblici locali che stravolgendo la volontà popolare riaprirebbero la strada alla privatizzazione dell’acqua.
Ovviamente ciò non è una dimenticanza o frutto di sbadataggine… C’è, invece, una logica ferrea che guida il governo: quella di perseverare ad ogni costo sulla strada del neoliberismo, per dare la possibilità alle aziende private di fare profitti enormi gestendo un bene comune primario come l’acqua.
Alla base di questa logica, però, vi è qualcosa di più profondo: il totale dispregio della democrazia e della nostra Carta costituzionale. Di più: una vera e propria inversione delle fonti del diritto, con l’economia che assume una primazia rispetto alla sovranità popolare. Una cosa enorme.
Per questo aderisco convintamente all’appello “Giù le mani dall’acqua e dalla democrazia”.
È il popolo italiano ad aver deciso di rompere la logica neoliberista delle privatizzazioni dei beni comuni, fare finta di nulla è un insulto alla democrazia. A ciò va aggiunto che l’esito referendario non è mai stato applicato nella sua pienezza. Il secondo quesito referendario ha determinato l’abrogazione della norma che consentiva ai gestori di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini la “remunerazione del capitale investito”. In pratica si garantiva per legge ai privati la possibilità di fare profitti sull’acqua, fuori da ogni logica di mercato. Ad oggi, però, nessun gestore ha rispettato l’esito del voto popolare, eliminando dalle bollette la quota della “remunerazione del capitale”. Un altro scandalo nazionale di cui si parla pochissimo, che determina una vera emergenza democratica.