Molti continuano a sostenere che sulle persone omosessuali e sull’omosessualità sia lecito avere un’opinione. Lecito sotto il profilo giuridico e legittimo dal punto di vista politico.
Quello che è accaduto ieri smentisce platealmente questo modo di vedere. Esprimere idee omofobe, infatti, è contrario alla civile convivenza, vìola la pari dignità delle persone e offende una categoria di concittadini che in passato, e ancora oggi, subiscono vessazioni, discriminazioni e violenze per il solo fatto di essere omosessuali, transessuali o bisessuali.
In particolare, un’università non può permettersi di lasciar passare nel silenzio messaggi d’odio, come quelli scritti da uno studente l’estate scorsa sui poster di Studenti Best – Bocconi Equal Students, l’associazione studentesca della Bocconi che si occupa di diversity: “L’Hiv la vostra punizione” e “I froci si curano a Zyklon B” (il gas usato nei campi di sterminio nazisti).
Il Tar di Milano ha giustamente rigettato il ricorso presentato dall’autore di questi messaggi, evidenziandone la natura di “violazione del rispetto della dignità degli omosessuali“. Oggetto del ricorso era la sanzione della sospensione di un anno disposta nei suoi confronti dall’Università Bocconi in base all’Honor Code, il codice di comportamento che vincola studenti, docenti e personale dell’ateneo.
A suo tempo, le frasi incriminate avevano sollevato l’indignazione anche dell’Unione Giovani Ebrei Italiani (Ugei), che aveva sollecitato l’Università a prendere posizione, come in effetti è avvenuto.
Al di là della vicenda concreta, su un piano più generale sarebbe opportuno riflettere sul problema dei discorsi omofobici (o transfobici). Sono tali, com’è noto, quelli che esprimono un odio nei confronti delle persone in virtù del loro orientamento sessuale. Ma c’è modo e modo di diffondere tale odio, e dietro a questa distinzione vi è il più delle volte molta ipocrisia.
Spesso infatti individuiamo l’omofobia in alcuni discorsi ma non in altri. Diciamo che sono omofobi coloro che si augurano la morte di tutti gli omosessuali nei campi di sterminio, ma poi, esitando nelle nostre conclusioni, non ci pronunciamo in modo netto sui loro diritti e dunque sulla loro dignità come cittadini uguali a tutti gli altri.
In altre parole, siamo tutti disponibili a mostrarci solidali contro palesi manifestazioni odiose contro gli omosessuali, come quelle avvenute in Bocconi, ma poi chiniamo la testa quando si tratta di prendere posizioni su diritti civili come il matrimonio o su concetti come la famiglia, l’adozione, ecc., tutte cose che in altri paesi esistono e sono approvate.
Credo francamente che non si possa, senza cadere in un’insanabile contraddizione, pensare di punire discorsi omofobici e razzisti, ma poi ammettere gravi discriminazioni solo perchè nel discorso si inseriscono parole magiche come “matrimonio”, “famiglia”, “adozione” e via dicendo, oppure in base all’identità di chi parla (che sia il Papa, un deputato, un assessore…). Come chi dice di non essere contro gli stranieri ma poi se ne esce con frasi del tipo: “Insomma, mica possiamo accoglierli tutti“. Lo stesso vale per quelli che dicono di non avere nulla contro i gay, “però il Gay Pride…“.
Un paese è tanto più civile quanto più la gente considera moralmente irrilevanti le differenze tra esseri umani. Su questa convinzione non sono ammesse esitazioni. Già altre volte ho ricordato la frase di Arturo Carlo Jemolo, riferita a colleghi giudici e avvocati all’epoca delle leggi razziali: “Sospirano, ma non s’indignano“.
E’ ora di smettere di sospirare, e di indignarsi. Perchè di fronte a certe cose, il silenzio equivale a complicità.