Martedì scorso sono andata a sentire il discorso / conferenza stampa di Ed Miliband, leader del Labour Party e dell’opposizione. Sono tempi duri per Ed Miliband, attualmente sotto il fuoco incrociato della sinistra e della destra del partito, il quale sta tentando di definire l’identità del Labour Party del 2012.
Il discorso di Miliband verteva sulla risposta alla domanda: come si creano giustizia sociale ed uguaglianza in tempi di crisi? Questa domanda rappresenta il cuore della sinistra, la ragione del suo esistere, mi viene da dire.
Per Miliband la risposta si articola su tre piani, che tra loro si intersecano: la riforma dell’economia, la lotta agli interessi corporativi (vested interests) e come stare dalla parte dalla ‘hard working majority‘, la maggioranza che lavora sodo.
La riforma dell’economia significa combattere lo short-termism, la logica di corto respiro che ha guidato in tempi recenti il mondo della finanza, preoccupato più a garantire l’arricchimento di pochi che a creare e consolidare crescita e sviluppo. Si tratta di definire un’agenda social-democratica, capace di delineare la strada per una prosperità sostenibile, il contrario della crescita virtuale della finanza, che ha reso il paese troppo suscettibile agli shock esterni.
Gli anni del New Labour sono stati gli anni in cui le iniezioni di welfare hanno addolcito i danni della troppa compiacenza con il mondo della finanza: ora questo modello non è più sostenibile, perché non ci sono abbastanza soldi.
Per creare uguaglianza bisogna agire sulle cause e non sulle conseguenze: in un qualche modo c’è bisogno di più socialdemocrazia, non meno. C’è bisogno di raddrizzare le storture dell’economia di mercato, lottando contro gli interessi di parte e instaurando una logica di ‘fair rewards‘, ovvero equità nelle ‘ricompense’. In altre parole, dalle politiche redistributive bisogna passare alle politiche pre-distributive, e questa logica è centrale alla riforma dell’economia e dell’agenda politica della sinistra, come scrive Stewart Wood, consigliere di Miliband, sul Guardian. Ne consiglio vivamente la lettura.
Per questo Ed Miliband propone che in ogni ‘remuneration committee‘ (Commissione sulla remunerazione) sieda un lavoratore, e che vi sia trasparanza nella gestione dei profitti.
Tutto questo significa stare dalla parte della ‘hard working majority‘, quella che lavora. Ma significa anche creare le condizioni per interventi più mirati dello Stato, che deve essere posto in grado di sostenere i più deboli, o coloro che si trovano temporaneamente fuori del mercato.
È chiaro che in tempi di magra non sarebbe giusto per il Labour party promettere l’impossibile, come ad esempio impegnarsi a ripristinare nel 2015 il 100% dei tagli del governo Cameron. Da qui la critica della sinistra del partito, in particolare dei sindacati, i quali vorrebbero parole più forti a tutela dei lavoratori e del welfare.
Per dare un’idea di quanto sia appassionante la discussione, pensate che sabato scorso mille persone sono state tutto il giorno a discutere di economia alla Conferenza annuale della Fabian Society! Una cosa impensabile fino a qualche anno fa, a riprova che la passione e l’identità della sinistra stanno nell’interrogarsi, nel cercare di capire la realtà per poi guidare il cambiamento. E questo, come si sa, non è mai un percorso semplice.