Il comandante della Costa Concordia Schettino era con una ragazza di 25 anni al momento dell’incidente. Questa è la notizia del giorno, almeno per le versioni online dei principali quotidiani nazionali.
Sappiamo che era una dipendente della Costa e sappiamo che non era lì per lavoro. Non conosciamo, almeno per il momento, che correlazione esista tra gli sviluppi dell’incidente e il fatto che Schettino fosse in compagnia di una donna. Questo quadro, però, pare sufficiente a molti per poter dare un’altra non-notizia: la ragazza era moldava. Quanto questo possa essere rilevante per gli sviluppi delle indagini è assolutamente misterioso. Quanto possa contare l’origine di una donna nell’evoluzione di un accadimento tragico come quello del Giglio, anche.
E allora perché tutto questo spazio a quell’aggettivo? Perché la notizia non è tanto che Schettino fosse in compagnia, quanto che la sua compagnia fosse originaria dell’Europa dell’Est?
Sono preoccupato, ho il sospetto che l’aggettivo ‘moldava’ evochi stereotipi classici sulle donne dell’Est e che questo possa rendere la notizia più interessante agli occhi di un lettore che è sensibile a quel tipo di stereotipo. Aumenta i click e dunque auto-giustifica l’utilizzo dell’aggettivo.
Però questo circolo rinforza anche lo stereotipo: se ricordiamo al lettore che quando c’è un furto è stato commesso da un rumeno, che quando c’è un atto di violenza è stata colpa di un maghrebino, che quando c’è una “donna misteriosa” (e non una dipendente della compagnia) a bordo è moldava, mentre non abbiamo lo stesso tipo di zelo nello specificare l’origine (italiana o occidentale) di altri esseri umani che commettono lo stesso tipo di azioni, alla lunga autorizziamo gli italiani a pensare che solo uno straniero, un determinato tipo di straniero, compie un determinato tipo di azione.
Capisco che l’esigenza primaria dei mezzi di comunicazione sia sopravvivere (più che informare: se i conti non sono in ordine si chiude) e che per sopravvivere bisogna vendere. Però i giornalisti, gli editori, tutti gli addetti ai lavori del mondo dell’informazione hanno una grande responsabilità sociale sulla formazione dell’opinione pubblica e degli orientamenti culturali. E dunque hanno anche l’opportunità di spezzare questo circolo che lega popolarità a utilizzo degli stereotipi, se solo avessero il coraggio di farlo.