Giuseppe Civati (Pd)

C’è anche l’immobiliare Idra, storica società di Silvio Berlusconi che possiede tra l’altro Villa San Martino ad Arcore, tra i soggetti beneficiati dalla “cricca” brianzola svelata dall’inchiesta della Procura di Monza che ha portato in carcere l’ex assessore regionale Massimo Ponzoni e altri tre amministratori locali del Pdl. La vicenda si ingrandisce di giorno in giorno, a dispetto dell’autodifesa del governatore Roberto Formigoni, che parla di “casi personali e non politici”. E rischia di sfuggirgli di mano, come spiega il consigliere del Pd Giuseppe Civati, pronto a chiedere le dimissioni del “Celeste” e nuove elezioni. Civati è anche andato a vedere chi subentrerebbe in consiglio regionale a Ponzoni, attualmente in carcere, se decidesse di lasciare il Pirellone. “Il primo dei non eletti del Pdl in Brianza è Antonio Romeo“, l’ex sindaco di Limbiate che, stando alle carte, avrebbe ricevuto i voti della ‘ndrangheta quando quest’ultima ha voltato le spalle a Ponzoni.

In favore di Romeo, non indagato, si registra persino una dichiarazione pubblica di voto espressa da Natale Moscato, grosso imprenditore edile di Desio, la cittadina brianzola culla del potere di Ponzoni. Natale Moscato è orignario di Melito Porto Salvo ed è imparentato con la famiglia Iamonte, storica cosca di ‘ndrangheta egemeone nel paese del reggino. Già assessore comunale all’urbanistica per il Psi, fu arrestato per associazione mafiosa nel 1994 e pi assolto. La famiglia Moscato continua a essere citata nei rapporti investigativi sulla criminalità calabrese in Lombardia, e Annunziato, il fratello di Natale, figurava tra i presunti boss da arrestare nell’inchiesta Infinito del luglio 2010, ma era deceduto prima del blitz. In un’intervista al Giornale di Desio del 17 agosto di quello stesso anno, dove nega ogni coinvolgimento con la criminalità, Natale Moscato dice la sua sulle elezioni regionali lombarde svoltesi in primavera: “Massimo Ponzoni non è mai stato presente a Desio né in Brianza e gli stessi brianzoli l’hanno punito. Io non ho fatto la campagna elettorale per nessuno, ma come sa ho una famiglia numerosa e tutti noi alle Regionali abbiamo votato per Antonio Romeo, un sindaco che al suo paese, a Limbiate, è stato premiato con tremila voti. Evidentemente fa bene il suo lavoro e, lui sì, merita la mia stima: Ponzoni non avrebbe neanche dovuto essere eletto”.

Un accenno a questi movimenti elettorali si trova nelle intercettazioni dell’inchiesta monzese condotta dai pm Walter Mapelli (lo stesso che ha inquisito per corruzione il dirigente del Pd Filippo Penati), Giordano Baggio e Donata Costa. Uno sconosciuto parla con Franco Riva, un altro amministratore del Pdl arrestato, spiegando: “Mi hanno detto a Cesano chi ha votato quello di Limbiate, tutto il clan Moscato… Soliman e gli altri tre consiglieri, Giacomini, Mandin… il clan Moscato”. Limbiate è la città dove Romeo era sindaco, ma aveva deciso di dimettersi per tentare la strada del Pirellone. Riva risponde: “Il Ponz mi ha detto che è contento di essersi tolto da quel giro lì”. Ora i destini si intrecciano di nuovo: il candidato preferito dalla famiglia Moscato rischia di entrare in consiglio regionale al posto del “Ponz”. Romeo non è indagato né accusato di nulla, ma anche questa vicenda potrebbe diventare molto imbarazzante per il presidente Formigoni, in caso di sostituzione.

I “casi personali” di cui parla Formigoni arrivano molto in alto. Fino all’ex presidente del consiglio. Insieme a Ponzoni, è finito in carcere Antonino Brambilla, vicepresidente della Provincia di Monza e Brianza e già condannato in passato per corruzione. Grande esperto di cavilli urbanistici, secondo l’accusa si dava da fare sulle varianti urbanistiche che interessevano l’ex assessore regionale, che rappresentano uno dei pilastri dell’accusa di corruzione formulata dalla Procura di Monza. Lo fa, secondo i pm, anche nella vicenda che coinvolge l’immobiliare Idra, la società di Silvio Berlusconi che contiene diverse magioni del Cavaliere, compresa Villa San Martino ad Arcore e Villa Certosa in Sardegna. All’inizio del 2010, Idra progetta un grosso insediamento residenziale da 220 milioni su un tererno di 300 mila metri quadri proprio dietro Villa San Martino. Che però fa parte del Parco regionale della Valle del Lambro, dove l’indice di edificabilità è zero spaccato. Urge “sensibilizzare” la politica arcorese, per innalzare quel vincolo a 0,6, in particolare la giunta allora guidata da Pdl e Lega. “Il coinvolgimento di Brambilla in questo progetto milionario”, si legge nell’ordine di custodia del gip di Monza, “mette in evidenza come sia ormai una prassi abituale di questo indagato la svendita delle sue pubbliche funzioni per soddisfare l’interesse privato che ritiene di maggior convenienza”.

Il progetto di Idra finisce in niente perché si trasforma in uno scandalo politico. Viene organizzata una riunione dove ruoli pubblici e privati si mischiano in modo inestricabile. C’è Brambilla, in doppia veste di vicepresidente della Provincia e di consulente di Idra, e sul suo esatto ruolo in quel consesso circoleranno imbarazzate versioni divergenti. C’è il presidente del Parco Emiliano Ronzoni, anche lui Pdl, che quell’area verde dovrebbe tutelarla con i denti. Ci sono un paio di consiglieri comunali leghisti. E, per conto di Idra, c’è anche Francesco Calogero Magnano, il “geometra di Arcore”, uomo di fiducia di Berlusconi. Che alle imminenti regionali del 2010 finirà nel “listino bloccato” del governatore Formigoni, ma mancherà il risultato perché sopravanzato successivamente in graduatoria da altri pupilli del Cavaliere, compresa Nicole Minetti, l’animatrice delle notti di Arcore. Ma niente paura: fatta la giunta, Magnano è nominato sottosegretario del Presidente, cioè Formigoni medesimo, con delega all'”attrattività del territorio”. Il sottosegretario non risulta indagato, ma secondo i pm monzesi Ponzoni e Brambilla agiscono “dietro input di Magnano”.

Altri casi personali, forse, che però provocano un terremoto politico. Il presidente del consiglio comunale Alessandro Ambrosini, del Pdl, esce sdegnato dalla riunione e racconta tutto all’avversario del Pd Fausto Perego, che a sua volta riporta la denuncia alla stampa. Nel cuore del regno berlusconiano, il Pdl si spacca perché non tutti ci stanno a fare “gli interessi del capo”. E quando Arcore va al voto, Ambrosini presenta una sua lista alternativa al Pdl, che contribuisce a far vincere il centrosinistra.

L’elenco potrebbe continuare, senza contare gli altri scandali, recenti e lontani, che hanno coinvolto uomini delle giunte formigoniane, giunto al suo quarto madato e prossimo ai vent’anni di potere incontrastato. Un regno che Giuseppe Civati, già leader dei “rottamatori” del Pd, ora vorrebbe interrompere prima del tempo. O meglio, prima che sia troppo tardi. Prima che in Lombardia si arrivi a una situazione “simile a quella della Campania, dove il magistrato anticamorra Raffaele Cantone ha chiesto in sostanza di estendere lo scioglimento per infiltrazioni mafiose anche ai consigli regionali”, afferma Civati. “Come Pd chiediamo le dimissioni di Roberto Formigoni e le elezioni anticipate”, continua, “non per il caso giudiziario in sé, ma per il caso politico che tutte queste vicende aprono. Ormai in Lombardia siamo di fronte a una questione di praticabilità politica”.

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