Da mesi i "rilevatori" non vengono pagati. Il Comune sostiene di non avere mai ricevuto il denaro, ma l'istituto statistico, cifre alla mano, smentisce. E tra i lavoratori c'è chi pronto a dare battaglia: "I contratti sono illegittimi"
“L’amministrazione ci ha sempre detto di non aver ancora ricevuto i soldi dall’Istat”, racconta Rosa Calderazzi, tra gli oltre quattrocento arruolati dal Comune di Milano per la raccolta e la verifica dei questionari del quindicesimo censimento generale della popolazione. Molti lavorano da ottobre, e aspettano l’acconto previsto dal contratto di collaborazione che hanno firmato. “Stiamo facendo i conti per poter pagare quell’acconto”, spiegano all’Ufficio censimento del Comune, “ma ci sono stati ritardi nell’erogazione dei contributi da parte dell’Istat”. E’ quello che ha ripetuto anche l’assessore all’Area metropolitana Daniela Benelli ai rilevatori. Secondo il Comune, infatti, i primi contributi sarebbero arrivati appena a dicembre, rallentando così le operazioni, versamento dell’acconto compreso.
“Abbiamo effettuato il primo pagamento al comune di Milano a maggio 2011”, spiega Andrea Mancini, direttore centrale dei censimenti, “un versamento di 1.807.830 euro, pari ai due terzi del contributo fisso”. Tutto come previsto dal piano generale del censimento e in linea con le date dichiarate nella circolare numero 3 che l’Istat ha inviato ai comuni. “In autunno”, continua Mancini, “il Comune di Milano ha ricevuto altri 415.966 euro, pari al 10% del contributo variabile per l’attività di rilevazione”. Soldi che in altre città hanno permesso alle amministrazioni di pagare i rilevatori. “Sappiamo che a Bologna l’amministrazione ha deciso di sottoscrivere contratti a tempo determinato in cui una parte del corrispettivo viene pagata mensilmente”, spiegano i rilevatori a Milano, “lo stesso avviene a Palermo”. A Milano l’amministrazione paga 3 euro lordi per ogni questionario, ma solo dopo aver verificato la corretta compilazione e la validità ai fini del censimento. Nell’attesa di vedere qualche soldo, i rilevatori meneghini hanno ribattezzato il loro lavoro “cottimo a validazione differita”.
“Ma il vero problema è un altro”, attacca Massimo Laratro, avvocato del lavoro e legale del Movimento San Precario che sostiene la protesta dei rilevatori. “Acconto o meno, il lavoro svolto dai rilevatori non può rientrare nel contratto di collaborazione occasionale previsto dal Comune di Milano”. Secondo l’avvocato di San Precario la condizione in cui operano questi lavoratori non rispetta la normativa sulle collaborazioni occasionali. A partire dalla durata della prestazione, che secondo la legge non può superare i trenta giorni. “I rilevatori di Milano sono a tutti gli effetti dei lavoratori subordinati”, spiega Laratro, “e potrebbero impugnare i loro contratti per chiedere un risarcimento all’amministrazione”. L’alternativa? “Il Comune sottoscriva dei contratti a tempo determinato”, risponde Laratro, “così come hanno fatto altre amministrazioni”.
Un ironico tormentone, in voga nella campagna elettorale di Giuliano Pisapia, darebbe tutta la colpa al primo cittadino. “Spiace sapere di aver firmato un contratto da ultra precari con questa amministrazione”, commenta amareggiato il rilevatore Michele Russo, che ha votato per Pisapia e adesso protesta di fronte alla sede del Comune. “Ma il sindaco è una persona sensibile”, aggiunge fiduciosa la collega Vittoria Schiavone, “sono certa che interverrà”. Nell’attesa che l’incontro promesso dall’assessore Benelli porti a una soluzione, in piazza girano alcuni volantini: “Un rilevatore potrebbe bussare alla tua porta per aiutarti a compilare il questionario del censimento. Lavora da mesi senza ricevere neanche un acconto. Offrigli la cena!”