Prosegue il nostro viaggio nel mondo della musica indipendente e oggi approdiamo a Brescia per conoscere le Freaky Mermaids, un duo formato da Ombretta Ghidini e Laura Montovi, che grazie a melodie semplici coniugate alla passione e al gusto per le cose sane di una volta, hanno dato vita dapprima a un Ep Freaky circus uscito nel 2008 e in seguito, nel 2011, a un album dal gusto retrò con le chitarre acustiche, armoniche e banjo, davvero molto grazioso: Moonshine once betrayed me (Quasi mono Records). Le Sirene, supportate da amici musicisti, hanno dato libero sfogo alla loro creatività e al proprio talento incidendo canzoni che sono una perfetta sintesi tra antico e moderno; Jane’s choice, All I do is sing the blues e A rabbit’s tale rapiscono al primo ascolto. Musica le cui emozioni primarie rimandano ad altra musica… “precedente”. Melodie che sono “nostalgiche”: d’altronde la nostalgia è una delle grandi emozioni pop, e a sentire loro è una forma di rimpianto agrodolce per la perduta “eta dell’oro” della musica pop. “Siamo affascinate dalle canzoni che hanno una drammaturgia, una storia e una scenografia ben precisa ed è questo che ricerchiamo costantemente nel nostro lavoro”.
Questa, la storia di come nascono le Sirene: Ombretta si è appena diplomata in chitarra classica e non sa bene cosa fare della sua vita quando, durante uno spettacolo teatrale, incontra casualmente un’attrice, Laura, che sta cercando una musicista con cui collaborare per un progetto di poesia e musica. Si amano al primo ascolto. Nascono così le Freaky Mermaids, perché di sirene si tratta. Dal 2007 a oggi sono state un duo, un trio con Angela Scalvini e attualmente un quartetto con Giorgia Poli (ex Scisma) e Stefania Maratti. Simpatiche e molto ironiche – cosa che emerge anche dalle loro canzoni – le abbiamo intervistate per saperne di più su di loro. Chiunque, invece, volesse approfondire la loro conoscenza non deve far altro che andare sul loro myspace o pagina facebook.
Come nasce la vostra passione per la musica folk e blues?
Nasce da una ri-scoperta della musica folk americana. E soprattutto dall’amore per la musica popolare in genere, quella capace di rivoltarti le budella con due accordi.
Ritenete sia discriminante essere donne e fare un certo genere, il country-folk?
Il fatto di essere italiane e di cantare in inglese (peraltro il genere americano per antonomasia, il country folk appunto) è già di per sé discriminante. Essere solo donne nel nostro caso è un modo per tentare un sorpasso elegante. Siamo profondamente convinte che le donne possano lavorare serenamente insieme e cambiare il mondo.
Le vostre sono canzoni autobiografiche: quando le scrivete scegliete un approccio spontaneo e legato a un flusso di coscienza o sono molto più ragionate?
L’autrice dei pezzi è Ombretta. Generalmente le canzoni nascono da una melodia che le frulla in testa, da un giro di accordi che non ne vuol sapere di uscire dalla memoria. A volte lo spunto arriva dalla musica classica, a volte da canzoncine per bambini, a volte dal nulla. I pezzi poi si trasformano con l’arrangiamento Freaky. L’apporto di ogni Sirena è fondamentale per la costruzione della canzone. I testi sono autobiografici. O perlomeno partono da uno spunto autobiografico per poi, spesso inspiegabilmente, prendere una rotta non calcolata e diventare storie che non hanno nulla a che fare con l’idea di partenza, ma che ne ricordano solo l’intenzione. Per esempio, Oh, what you’ve done to me (storia di una ragazza ossessionata dal proprio compagno che decide di ammazzarlo per liberarsi dall’ossessione) di autobiografico ha solo il sentimento di ossessione… il resto racconta come avrebbero potuto andare le cose… Crediamo fortemente che la caratteristica più marcata della musica sia proprio quella di appartenere a chi la ascolta. Arriva ovunque e a chiunque.
Quali sono le vostre ambizioni? E qual è il vostro sogno?
Poter fare il nostro lavoro, la nostra passione senza dover vivere con l’acqua alla gola. Suonare in posti dignitosi a condizioni dignitose.
Cosa ne pensate dei format televisivi che si occupano di musicisti emergenti? Partecipereste a un reality tipo X-Factor?
X-Factor sembra l’unico modo per ritagliarsi un piccolo spazio nell’ambito discografico mainstream, l’unico modo per smettere di essere invisibili. Bè, preferiamo restare dove siamo, suonare nei posti che scegliamo noi, incontrare gente che crede nella diffusione di un certo tipo di musica e che si fa un mazzo incredibile per difenderla.
Come state promuovendo il disco? Avete in programma una tournée?
Stiamo promuovendo il disco da parecchi mesi. Siamo state in tournée in Calabria e in Sicilia, abbiamo un po’ di date al Nord, abbiamo aperto un concerto dei Giant Sand all’Interzona di Verona. Stanno uscendo parecchie recensioni. Speriamo che questo ci aiuti ad ampliare i nostri orizzonti. Ci piacerebbe molto andare all’estero!
Internet e Musica: che rapporto avete con la tecnologia e come pensate la Rete possa aiutarvi?
Abbiamo il nostro blog, la pagina myspace e facebook. La rete ha infiniti pregi, ma ha anche il grosso difetto di non avere filtri. Oggi tutti possono avere voce. Difficile differenziarsi nella qualità.
Cosa ne pensate del panorama musicale italiano e cosa consigliereste a un discografico?
A un discografico consiglieremmo di fare un giro a Brescia dove la vita musicale indipendente sta vivendo una delle sue realtà più vivaci e interessanti.