Ieri sera ero al Caffè Basaglia, a Torino, per una Cena meteorologica con Luca Mercalli, meteorologo di Rai3 a “Che tempo che fa”, Presidente della Società Meteorologica Italiana e amico dei lettori del “Fatto”.

L’idea era quella di parlare del nuovo libro di Luca, “Prepariamoci”, insieme ai giornalisti Carlo Grande e Leonardo Bizzaro, e a un po’ di amici radunatisi per l’occasione, cenando e discutendo – anche allegramente – delle questioni così importanti e a volte per nulla allegre che Luca denuncia nel suo libro e delle quali parla ormai da anni.

Il libro ha un sottotitolo: “A vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità”. Risalgono infatti ai primi anni Settanta i moniti iniziali relativi ai pericoli di un’umanità che non tenga conto dei limiti fisici del pianeta. Invece di far riflettere e indurre ad approfondire il problema, questo monito è caduto nell’indifferenza, meritando ai movimenti ecologisti e ai successivi campanelli di allarme lanciati dagli scienziati il titolo di “catastrofisti”. Nel frattempo la popolazione globale del pianeta è continuata a crescere (raddoppiata dal 1972), molte risorse cominciano già a scarseggiare e i problemi diventano di mese in mese più evidenti. Nasce quindi l’urgenza di agire da soli, senza decisioni politiche che rischiano di arrivare troppo tardi. Ognuno di noi può contribuire, cominciando proprio là dove abbiamo tutte le possibilità di farlo, ovvero nel proprio dominio domestico, assumendo abitudini più sane ed economiche: sono semplici azioni che ognuno può realizzare in prima persona, continuando una vita normale e senza privarsi di nulla.

Io ho sentito l’introduzione di Luca, che in vent’anni è passato da essere un semplice, anche se bravissimo, glaciologo, a una persona impegnata così a largo spettro sulle questioni riguardanti l’ecologia, i cambiamenti climatici, l’uso razionale dell’energia, la critica puntuale e tecnica alle grandi opere inutili e dannose come l’Alta Velocità (Tav) Torino-Lione. E ho portato il mio contributo con una riflessione. Sono cresciuto negli anni ’60 e ’70, mi sono entusiasmato per lo sbarco sulla Luna, per il Concorde che volava più veloce del fuso orario, e la mia auto preferita da ragazzino era una “fuoriserie” di una nota marca italiana con un motore da 4200 cc e che poteva fare i 250 all’ora, consumando però un litro di benzina ogni 5 chilometri. Va beh, allora la “benza”, come la chiamava mio padre, costava 162 lire (circa 8 centesimi di euro) al litro. Crescendo, mi sono laureato in ingegneria nucleare nel 1986 e pensavo che il mio lavoro sarebbe stato, appunto, costruire impianti nucleari. Ma il mese prima della mia laurea scoppiò la centrale di Chernobyl. Da allora ho iniziato un percorso, anche difficile, che mi ha portato a partecipare attivamente, la scorsa primavera, alla campagna in favore dei quattro Sì al referendum, portando in decine di conferenze le ragioni per le quali era bene che l’Italia non si riavventurasse un’altra volta nel nucleare, come giustamente gli italiani hanno poi scelto.

Si cambia, si evolve, si imparano cose, e anche il mondo cambia intorno a noi. Luigi Sertorio, è professore di ecofisica dell’Università di Torino, un maestro mio e di Luca Mercalli, anche lui con un passato “nucleare” di tutto rispetto, avendo lavorato al Centro di Los Alamos in Usa. Con lui abbiamo discusso la scorsa primavera su un semplice dato. Se gli automobilisti statunitensi cambiassero auto, passando da auto con il loro attuale consumo medio ad un’auto con il consumo medio di una europea, l’energia risparmiata ogni anno sarebbe equivalente a quella prodotta da tutti gli impianti nucleari Usa. Non si parla quindi di auto elettriche, di biciclette, di cambiamenti drastici al nostro concetto di mobilità: si parla di passare dal Suv a un’auto media, come l’ha la maggior parte della gente, qui.

La morale è semplice: non rassegnamoci all’ineluttabile, perché l’ineluttabile è solo quello che ci raccontano per spingerci ancora sempre più avanti lungo la china che stiamo percorrendo. Lo spreco di risorse energetiche è talmente diffuso nelle nostre società avanzate, che pochi e semplici interventi possono fare molto, darci del bel respiro: sia in senso reale che figurato. Forse dobbiamo smetterla di “fare di più”, occorre invece “fare meglio”, con intelligenza, cambiando come prima cosa il nostro modo di concepire il progresso.

Abbiamo discusso molto bene, con Luca, e poi ognuno è tornato a casa sua. Lui, con la sua auto elettrica che l’ha portato, spero, fino alla bassa Valle di Susa dove vive. Io, con la mia auto a motore a scoppio – un po’ troppo grande per le mie necessità ma che mi piace tanto: dobbiamo ancora fare parecchia strada…

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