Scorrendo i siti di informazione italiani sembra quasi che non sia successo nulla, visto lo spazio minimo dedicato alla vicenda. E invece la chiusura di Megavideo e Megaupload, i due colossi di file sharing e streaming online, da parte dell’Fbi ha dell’incredibile. Una retata in piena regola, con sette arrestati e un’accusa che sembra più adatta a una gang mafiosa piuttosto che ad alcuni paladini della libertà della rete. Secondo il Federal Bureau of Investigation, infatti, si tratta di “un gruppo criminale responsabile di aver infranto numerosi tipi di copyright, con un indotto di oltre 175 milioni di dollari e con un danno nei confronti dei detentori del copyright di mezzo miliardo”. In galera, tra gli altri, c’è finito Kim Schmitz, corpulento fondatore dei due siti, uno dei grandi vecchi della pirateria più o meno legale della Rete, che adesso rischia fino a cinquant’anni di carcere. Roba da stragista incallito e recidivo, insomma.
L’Fbi, proprio nei giorni in cui il Web si ribellava a Sopa e Pipa (le due durissime proposte di legge contro la pirateria in discussione al Parlamento americano), ha deciso di fare sul serio. Ma nel mondo particolare di Internet, un’azione del genere non poteva rimanere senza reazione. Ecco che, a stretto giro di posta, il gruppo di hacker Anonymous ha sferrato una controffensiva senza precedenti, un’operazione di hackeraggio che in molti già chiamano “WWWW” (World Wide Web War). In poche ore, erano down i siti della major discografica Universal, della RIAA e dell’MPAA (due delle lobby più influenti in tema di copyright) e addirittura dell’Fbi e del Dipartimento di Giustizia americano. Alcune fonti parlano addirittura di 30mila computer collegati da cui partivano gli attacchi. Una vera e propria guerra della Rete, non c’è che dire, che alza il livello dello scontro sul controverso tema del copyright sul Web.
Intanto, Megaupload è già online altrove, a dimostrazione del fatto che i paladini della libertà del Web non si arrenderanno facilmente all’azione repressiva delle istituzioni statunitensi, ormai imbarcatesi in una guerra senza quartiere a un fenomeno difficile da confinare nei limiti tradizionali della legge e che, forse giustamente, vive in un ambito proprio con regole non scritte che esulano dalle normative di singoli paesi.
La vicenda è molto fluida e con il passare delle ore si aggiungono colpi di scena su colpi di scena. Quello che è certo, però, è che nonostante il silenzio dei mainstream media (italiani su tutti), quello che è successo nella notte rappresenta un importante spartiacque nella storia di Internet e nella battaglia per la libertà totale della Rete. Una battaglia che sembra impari tra Fbi e colossi discografici e cinematografici da un lato e qualche centinaio di hacker smanettoni dall’altro. Ma forse anche sul Web la storia di Davide e Golia ha un senso. E gli eventi delle ultime ore sembrano confermarlo.