Se fossi stato un passeggero della Costa crociere mi sarei attenuto alle indicazioni emanate dal capitano tramite altoparlanti. Sono infatti abituato, forse per passività, a rispettare le regole, anche quando possono apparire assurde . Mi capita così di andare ai 50 km orari lungo una circonvallazione, rispettando i limiti di velocità anche quando tutte le altre auto, dopo avermi suonato o lampeggiato, mi sorpassano ai 90 all’ora. Avrei accettato la spiegazione fornita dal capitano che si trattava di un guasto temporaneo. Certo sarebbe stato un errore che poteva portarmi ad essere fra le vittime. Forse mi avrebbe salvato mia moglie che certo non avrebbe creduto alle rassicurazioni e si sarebbe ammutinata (è per questa differenza di carattere che stiamo bene assieme).
Il naufragio ci interroga sul senso delle regole per diversi motivi:
– il comandante ha infranto le regole della prudenza, della navigazione ma soprattutto l’obbligo di assistere fino all’ultimo passeggero (facendo molto male);
– diversi marinai hanno cominciato l’evacuazione e si sono ammutinati contravvenendo alla regola che impone loro di ubbidire alle indicazioni del comando(facendo bene).
Nella nostra storia di Italiani troviamo regole infrante che hanno portato a dei disastri … il Re d’Italia che incurante del suo ruolo fugge senza lasciare ordini per i soldati dopo l’8 settembre e infrazioni che, al contrario, hanno storicamente evitato ulteriori gravi danni, come la tendenza a boicottare e non applicare le deliranti leggi razziali emanate dal fascismo, salvando molte vite .
Il senso delle regole e del loro rispetto, secondo la psicoanalisi, è radicato dentro ognuno di noi in quella componente psichica definita Super-Io che, per Freud, rappresenta la continuazione dell’immagine paterna nella società in cui il padre dettava le regole. Le regole della figura paterna possono essere fastidiose, a volte dure, ma ci sono state insegnate per evitare danni maggiori (non fare il bagno subito dopo aver mangiato anche se ne avresti voglia, studia e frequenta la scuola, anche se preferiresti divertirti e ” fare un cabò…”). Ci sono però momenti in cui occorre superare le regole per costruirne di nuove, per liberare lo spirito creativo dell’uomo e per innovare.
Quando infrangiamo le regole scattano due meccanismi: da un lato il senso di colpa che ci fa soffrire e dall’altro un senso di libertà. Spesso succede che una volta che abbiamo rotto una regola a cascata, ormai che è fatta, ne infrangiamo molte altre e questa forse potrebbe essere la spiegazione dello strano comportamento del capitano: dopo il primo errore, a catena, ne ha inanellati molti altri.
Una peculiarità italiana, che ci rende molto diversi da altri popoli, è l’abitudine al perdono. Il cattolicesimo con l’idea della confessione riparatrice è la base di questo concetto che, portato al limite, diventa in modo positivo saper mettersi nei panni degli altri, in modo negativo mancanza del senso dello Stato e qualunquismo. Le divisioni fratricide di cui è costellata la nostra storia ci hanno intimamente convinto che non si può affermare con certezza una regola, visto che oggi siamo borbonici e domani garibaldini. In Italia i condoni, i ravvedimenti operosi, gli scudi, le amnistie, le scuse più o meno verosimili si sprecano (come nel caso del ragazzo di Roma che lanciava un estintore e poi si scusava dicendo che forse serviva a spegnere un fuoco).
Anche nel caso della Costa Crociere fra poco compariranno le scuse più o meno verosimili. Ce n’è una già pronta ed usata con un certo successo di recente a livello politico: “Ho abbandonato il comando per senso di responsabilità, perché la mia permanenza era di ostacolo”.