Il decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri costituisce una tappa dei processi di liberalizzazione di cui ha bisogno l’Italia e non certo un big bang definitivo di riforme.
Se nei prossimi anni, come avviene oggi, la legge annuale per la concorrenza recepirà, ogni anno, i suggerimenti dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, si potrà davvero migliorare la concorrenza, a tutto beneficio di cittadini, consumetori e nuovi entranti, ovviamente laddove le liberalizzazioni non vadano a detrimento della qualità dei servizi.
Le due vere novità riguardano il gas e il settore dei trasporti.
La più importante, e inattesa, riforma pro-concorrenziale annunciata è quella della separazione verticale della rete Snam da Eni, come avvenne qualche tempo fa tra Terna ed Enel. Questa separazione, da tempo auspicata a livello comunitario e nazionale, liberalizza l’accesso di importatori alla rete di distribuzione nazionale, favorendo una parità di trattamento tra Eni e concorrenti nell’accesso alla rete e incentivando la nuova Snam a realizzare investimento volti ad espandere la capacità di trasporto. Nel medio periodo quetso intervento può rafforzare il grado di concorrenza e portare a una riduzione del livello dei prezzi medi in Italia, oggi tra i più alti.
Le liberalizzazioni sui trasporti sono state di fatto rinviate alla futura autorità dei trasporti, ma sono molto promettenti (e necessarie) e un grande sforzo va fatto per velocizzare l’istituzione dell’authority. Ha fatto bene il governo a rinviare all’autorità la questione del numero ottimo di licenze per i taxi, sottraendole al controllo esclusivo (ricattabile) dei Comuni. Non è solo un problema di licenze: è la qualità del servizio che va migliorata (carte di credito, prenotazioni, ‘taxi al volo’, ecc.).
Sui notai e sul prezzo dei farmaci l’approccio seguito è quello di una concorrenza solo potenziale indotta, eventualmente, da un aumento dell’offerta. Tuttavia, non c’è nessuna garanzia che una maggiore offerta si traduca in una riduzione dei prezzi medi e delle tariffe notarili (in realtà il ‘costo del notaio’ nella maggior parte dei casi è dato da tasse che i notai raccolgono per conto dello Stato). Al contrario, la proposta iniziale di permettere la vendita dei farmaci di classe C al di fuori delle farmacie (con opportuni controlli) rappresentava una sfida coraggiosa, purtroppo abortita. Le misure sugli ordini professionali ribadiscono un quadro in molta parte già definito con precedenti interventi.
Gli interventi sulle assicurazioni e della distribuzione dei carburanti sono apprezzabili sul fronte della vendita ‘multibrand’, con il divieto delle esclusive, ma, anche qui, si tratta di condizioni necessarie ma non di per sé sufficienti a garantire effetti di compressione su margini e prezzi.
Nel complesso, il decreto sblocca alcuni importanti colli di bottiglia, ma in molti settori sono ancora necessari profondi ripensamenti in senso pro-concorrenziale (ad esempio dalla creazione di canali distributivi alternativi per farmaci e carburanti al settore bancario-assicurativo e postale e così via). Ciò che di buono c’è nel decreto dipenderà in larga parte dai tempi di attuazione delle riforme approvate