Sette persone sono state arrestate in Iraq con l’accusa di aver partecipato all’organizzazione dell’attentato contro le truppe italiane a Nassiriya nel 2003, secondo quanto scrive l’agenzia irachena Aswat al Iraq. Secondo l’agenzia, che cita “una fonte responsabile nella provincia di Zikar”, i sette arrestati “hanno confessato di avere appoggiato e assistito” il terrorista suicida nel compimento dell’attentato, che provocò 19 vittime tra gli italiani e 9 morti iracheni, oltre a 58 feriti. Aswat al Iraq ricorda che l’attentatore era il marocchino Abal Qassem Abal Leil e che nel settembre del 2008 colui che aveva confessato di avere organizzato l’attentato, l’iracheno Mohammed al Kurdi, fu impiccato.
“Le indagini sul recente attentato suicida perpetrato a Batha (una cinquantina di chilometri da Nassiriya) hanno portato all’arresto di un gruppo di sospettati”, ha spiegato la fonte, sottolineando che “per ora sette di loro hanno confessato di far parte di una cellula di appoggio che ha pianificato e attuato l’attentato suicida contro la Camera di Commercio di Nassiriya”, dove aveva sede la base italiana. La cellula sarebbe “indipendente e non ha legami con la rete che ha perpetrato l’attacco a Batha dello scorso 15 gennaio contro i pellegrini in marcia verso Kerbela per rendere omaggio alla tomba dell’imam Huseyn e che ha confessato la sua appartenenza ad al-Qaeda”, ha aggiunto la fonte. L’attentato di Batha ha causato circa 50 morti e oltre 80 feriti.
Silvano Filippa, padre del Carabiniere scelto Andrea Filippa, il militare di guardia all’ingresso della base Maestrale che aprendo il fuoco evitò che l’attentato avesse conseguenze ancora più gravi, si è detto indifferente alla notizia: “Il fatto che siano stati arrestati dopo 8 anni non mi riporterà mio figlio indietro”. Per Filippa la vera priorità è garantire alle famiglie delle vittime i risarcimenti che il ministero della Difesa è tenuto a versare in base alla sentenza della Cassazione del gennaio 2011. “Nonostante quella sentenza”, ha sottolineato, “i famigliari delle vittime di Nassiriya sono ancora in attesa di un segnale da parte del Ministero della Difesa che non si è degnato di darci una risposta”. Il padre del carabiniere si è detto amareggiato per le strumentalizzazioni politiche che a suo dire sono state fatte dopo l’attentato del 2003. “Quello che più mi ha fatto male in questi anni, sono state le bugie dei politici che hanno definito quella una missione di pace e poi hanno usato la vita di mio figlio come merce di scambio durante gli incontri e i vertici internazionali”.