Il ministro della Giustizia Paola Severino torna a parlare di amnistia. E come quando a metà dicembre presentò il decreto ‘svuota carceri’ dicendo che non avrebbe contrastato un’eventuale indicazione proveniente dal Parlamento, anche oggi, parlando con i giornalisti al termine della visita al carcere di Sollicciano, la titolare del dicastero di via Arenula ha ribadito la necessità di “una maggioranza parlamentare estremamente qualificata”: “se questa maggioranza parlamentare si verificherà, si cimenterà – ha spiegato la Severino – certamente sarà possibile anche realizzare l’amnistia”. “Il punto di partenza – ha specificato il ministro – non è in questo caso un progetto, ma un accordo tra le forze parlamentari che riesca a raggiungere una maggioraranza qualificata”.
Nella struttura fiorentina il ministro ha incontrato operatori e detenuti, ascoltando e confrontandosi sulle varie questioni aperte. “Il carcere è, sì, un luogo di espiazione, ma non deve perdere di vista i diritti dell’uomo, ha detto la Severino sottolineando che “l’uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato” e questo oggi non accade visto che “attualmente il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione che deve portare invece alla rieducazione”. “Con i detenuti – ha proseguito Severino – abbiamo anche pensato al cammino che si sta percorrendo, che vorrebbe mettere insieme un insieme di piccole misure. Che, però tutte riunite potrebbero dare un sollievo alla situazione carceraria. Quello che si deve fare in una proiezione futura – ha proseguito il ministro – è mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione. Che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l’ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere”. Si tratta di “un rovesciamento di proporzioni” in cui diventa “normale” la misura alternativa ed “eccezionale”, quindi “espressamente motivata”, quella “carceraria”.
Severino si concentra anche sulla situazione delle madri detenute che si trovano in carcere con i propri bambini: “Gli ultimi dieci minuti della mia visita li ho passati nel nido – ha detto il ministro – Credetemi, è straziante vedere dei bambini che con le loro madri in carcere. Anche lì la soluzione non è facile – ha aggiunto – Ma le case famiglia, l’attivazione di sistemi alternativi al carcere credo che siano la vera soluzione praticabile”. Perché “non si può pensare che al compimento dei tre anni venga strappato dall’unico luogo che ha conosciuto e dalla madre, con la quale ha vissuto i primi tre anni della sua vita, e portato via”. Oggi – ha concluso il ministro – si cerca di alleviare con gli asili nido. Ho incontrato operatori straordinariamente bravi, che aiutano le mamme. Ma non è quella la strada principale”.
Ma nello stesso giorno in cui il ministro apre a una politica conciliante nei confronti dei detenuti, a Bolzano si registra una rivolta che ha coinvolto una cinquantina di carcerati. La situazione è tornata sotto controllo, ma nel pomeriggio i detenuti erano riusciti a prendere il controllo di un intero piano della casa circondariale di via Dante. A seguito della protesta 20 dei 60 detenuti della II sezione saranno trasferiti in altre case circondariali, come riferito dalla direttrice del carcere Anna Rita Nuzzaci, che ha confermato: “Non ci sono feriti”. La protesta – ha precisato – è iniziata alle ore 15 e consisteva nell’appiccare piccoli focolai e fare rumore con pentolini alle grate delle finestre. Dopo un primo intervento gli agenti penitenziari e l’invito di redigere un promemoria la situazione sembrava già sotto controllo ma poco dopo la situazione è degenerata. “A questo punto – ha riferito la direttrice – abbiamo dato l’allarme e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine”. Sul posto sono intervenuti polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria, in tutto una settantina di persone. “La situazione – ha detto il questore Dario Rotondi – è velocemente tornata sotto controllo”.