Siamo davvero sicuri che abbassando il costo dei carburanti, stralciando tasse e contributi già maturati, consentendo di pescare in violazione delle norme Ue, incamerando residue imposte ed accise sfuggite alla piena attuazione dello Statuto, ecc. una regione dall’economia drogata da decenni di assistenzialismo pubblico come la Sicilia imparerebbe finalmente a competere con le proprie capacità e risorse? Siamo onesti: no! Si tratterebbe solo dell’ennesima fuga in avanti rispetto al responsabile e salutare riconoscimento di diffuse responsabilità sociali, culturali e soprattutto politiche.

Coloro che oggi protestano, per età anagrafica e categorie di appartenenza, sono proprio coloro che in questi ultimi decenni hanno rappresentato la base elettorale di una classe politica, di centrodestra come di centrosinistra, incapace di immaginare uno sviluppo non di tipo parassitario. Ora i soldi facili sono finiti, i politici allargano le braccia, rimandano a Roma confermando il proprio ruolo di passacarte, di intermediari politici a basso valore aggiunto mentre si diffondono fantasiose riletture storiche che attribuiscono puntualmente ad altri ed altrove le responsabilità di un fallimento economico che umilia un orgoglio sicilianista, con tanto di triscele, degno di miglior causa.

Eppure, i buoni esempi in Sicilia non mancano, ma i politici li temono perchè preferiscono gestire il bisogno, mai il suo vero riscatto. Se davvero i siciliani fossero riscattati dal sottosviluppo in cui versano che bisogno avrebbero poi di questa classe di politici che li tiene in ostaggio con eterne e disattese promesse?

Ci sono agricoltori e pescatori che hanno imparato ad unirsi per ottenere economie di scala, per promuovere commercialmente il prodotto, per trasformarlo, invece di pretendere di scaricare sulla collettività l’inefficienza economica di una eccessiva frammentazione produttiva: certo che poi il gasolio diventa un problema! Oppure, se davvero convinti che piccolo è bello, hanno investito nella qualità e anche nell’immagine dell’orto del contadino per venire a vendere direttamente in città, disintermediando la filiera distributiva o attraverso una moderna vetrina on-line con cui vendere prodotti a km. 0 e con la comodità del servizio a domicilio.

La più antica testimonianza storica di produzione di pasta essiccata è siciliana, ad opera del geografo arabo Al Idrisi che nel 1154 riferiva al re normanno Ruggero II della produzione a Trabia (PA) di “vermicelli” esportati nei territori musulmani e cristiani: Marco Polo cui tradizionalmente si attribuisce l’importazione degli spaghetti, partì per la Cina solo un secolo dopo! Eppure, pur con un milione di ettari coltivati a grano, normalmente, di grande qualità, i coltivatori soffrono, i prezzi li dettano le navi cariche di grano proveniente da chissà dove e prodotto chissà come mentre non è mai sorta in Sicilia un’azienda comre Barilla o Divella capace di creare valore attraverso la trasformazione. Con chi prendersela allora?

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