Ecco i quarti di finale. Sei dei primi otto giocatori sono arrivati all’appuntamento. Dei primi cinque non manca nessuno. Le uniche assenze (Tsonga e Fish) sono figlie di forme fisiche farlocche. E Del Potro, al suo massimo, è più forte di Fish (e probabilmente anche di Tsonga). Quindi l’unica sorpresa è Nishikori, comunque 24 al mondo (e se ne faceva a meno).
Cosa dicono questi risultati? Che la classifica è fedele. Che i primi 4/5 sono molto più forti – o solidi, o entrambe le cose – degli altri. E che siamo nati per soffrire, sì, ma sbadigliando.
Difficile immaginare Australian Open più grigi di questa edizione. Con delle eccezioni, per carità, ma poche. Dolgopolov-Tomic, uno degli incontri più belli, è emblematico: il più divertente incanta, il più palloso vince. Come la Germania ai Mondiali del ’54 e ’74.
Si dirà: eh, ma se questi sono i più forti, mica è colpa loro. Vero. Infatti non è colpa di nessuno. Ma la sensazione che il tennis, negli ultimi anni e sempre più, si stia avviluppando in una spirale di stolida bruttezza, di ripetitività e di agonismo, lasciando che gli “eclettici” siano giusto figure marginali: be’, non è facile da essere smentita.
Al netto di disfattismi e nostalgie varie, ecco cosa ci aspetta.
Djokovic (1)-Ferrer (5). Non c’è nessun motivo per vedere questa partita. Nessuno. Scappate e subito. Esito scontato (Djoko in 3 o 4 set), noia tremebonda, varietà di gioco grande assente. Il serbo è il nuovo Lendl (in salsa apparentemente buonista, tra una barzelletta e un Fiorello). Ferrer è un manovale, tanto encomiabile quanto inguardabile. Aiuto.
Murray (4)-Nishikori (24). Più che un match, un esempio di sottile sadismo. Tra i quarti di finale Slam meno affascinanti dell’intera storia del tennis (e non ho niente contro Nishikori: figuratevi se ce l’avessi).
Federer (3)-Del Potro (11). Oh, ecco: attenzione. Questa sarebbe una bella partita. “Sarebbe”, perché Del Potro è ancora convalescente e non la vince mai una sfida così (magari mi sbagliassi, magari). Però ci sono almeno due motivi di gioia. Il primo è che Del Potro sta tornando a buoni livelli. Il secondo è che, ogni volta che Delpo e Frigidaire si incrociano, torna alla mente il meraviglioso dolore con cui l’Algido Reuccio Elvetico scontò la pena in “quella” finale degli US Open. Ah, che tempi incantevoli. Che epifanie, che meravigliosa baldanza. (Parentesi. Se vi state chiedendo: ‘Non siamo messi davvero male se ci tocca sperare in un bazookista come Del Potro?“. Bene. La risposta è: “Sì”).
Berdych (7)-Nadal (2). In via teorica l’incontro più aperto. Berdych, soprattutto agli inizi, era una discreta bestia nera di Mister Mutanda. Non si amano e Nadal sin qui ha giocato da solo: può esserci partita. Nadal 60%, Sparapalle Efebico 40%.
Sintesi finale: le semifinali, salvo cataclismi, saranno Djokovic-Murray (sicura salvo infortuni) e Federer-Nadal (l’unico che rischia qualcosa è Nadal). I primi quattro al mondo che si sfidano: la maniera migliore per rapportarli e scoprire il più forte.
Quanto al divertimento: mah, troppo spesso esce al primo turno.
Nella foto, Kei Nishikori agli Australian Open 2012. Per ingrandire clicca qui