Parte dall’attenzione ai diritti dei lavoratori l’attività del neonato Centro Nazionale Drammaturgia Italiana Contemporanea. Costituito nei primi giorni del nuovo anno, il Centro sta ora affrontando la spinosa questione della soppressione del fondo di solidarietà previsto nel nuovo regolamento Siae. Il tema era emerso già in occasione della conferenza stampa di presentazione del Centro, lunedì 16 gennaio, quando la notizia ha scatenato un vivace dibattito con il pubblico presente nella sala del Teatro Quirinetta. Sempre nel teatro romano, gli autori teatrali riuniti si sono dati appuntamento domani (martedì 24) alle 11, per sottoscrivere una lettera alle istituzioni con cui chiedere la sospensione del regolamento in merito agli assegni di professionalità per gli artisti anziani o comunque bisognosi di sostegno. Il Centro propone di aprire una trattativa per rivedere la normativa che regola il funzionamento del fondo, perché possa continuare a svolgere il suo ruolo di cassa solidale verso una categoria, quella degli autori (ma non sono solo loro), completamente priva di welfare.
Del resto, tra gli obiettivi principali del Centro c’è la tutela della professionalità del drammaturgo, figura poco riconosciuta e che fatica a vivere del proprio lavoro. È per questo che gli autori si occuperanno delle relazioni con le istituzioni, soprattutto in materia di legislazione, ma anche di creare una rete di opportunità, per ottimizzare l’impegno dei singoli su scala nazionale. Come hanno ribadito in conferenza stampa gli organizzatori, il Centro nasce per gli autori e per il teatro italiano, seguendo il modello di molti paesi europei. Partendo dalla constatazione che in Italia si rappresenta soprattutto repertorio (nei teatri stabili si arriva all’80%, esattamente al contrario della tendenza europea), i drammaturghi lavorano per invertire questo trend. In che modo? Sicuramente occupandosi di promozione in Italia e all’estero, ma anche intervenendo sulla formazione. Il progetto è a questo proposito particolarmente interessante, perché il Centro non intende solo organizzare stage e seminari per i giovani autori, ma punta al pubblico. La formazione degli spettatori si traduce in primo luogo in incontri e presentazioni nei teatri, ma poi anche in una battaglia per l’inserimento dello studio della storia del teatro nelle scuole.
L’idea è che il teatro contemporaneo sia troppo poco conosciuto per essere apprezzato e che, complici le programmazioni dei grandi teatri, il pubblico tenda a disinteressarsi completamente. E da qui il circolo vizioso, perché se non viene rappresentato, il teatro contemporaneo muore. Loro parlano di «museificazione» dell’offerta e rilanciano la drammaturgia del presente, intesa come possibilità di raccontare la società attuale. Un teatro militante e attivo a livello sociale e culturale, quindi, che riporti al centro le questioni della vita quotidiana e si riconquisti la funzione originaria di mezzo di comunicazione. Questo non significa abolizione del repertorio, ma apertura verso il nuovo, contro la sclerosi dell’attuale sistema. A tal fine il Centro sta pensando ad un «archivio vivo», che metta in rete testi, autori, traduzioni, spazi, video e che funzioni come «vetrina on line». L’intento è di ripensare al teatro come un’occasione per i giovani, perché, usando le parole di Renato Sarti in conferenza stampa, «non si consumino le nocche, fino a farle sanguinare», bussando alle porte sbagliate.