“Non c’è dignità e non c’è democrazia. Va rivista la stabilità della Lega perché qui c’è un presidente che ha dato le dimissioni tempo fa e invece di eleggerne uno nuovo si continua a tirare avanti con questa vacatio. Non va bene. Io e Cellino torneremo quando questa Lega tornerà a funzionare nella maniera dovuta e secondo la legge. Abbiamo intenzione di eleggere un nuovo presidente, o no?”. Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, tuona contro coloro che a suo dire non vogliono sistemare le cose in Lega calcio, l’organismo che riunisce i vertici delle società di serie A. Lui e Cellino, patron del Cagliari, hanno lasciato prima del termine l’assemblea che si è tenuta ieri a Milano con l’obiettivo di eleggere un nuovo vicepresidente al posto di Rosella Sensi, ex proprietaria della Roma. I presidenti presenti (Roma e Fiorentina non hanno preso parte all’incontro) hanno votato 3 volte, ma senza raggiungere il quorum necessario per eleggere il candidato numero uno, che oggi risponde alla figura di Enrico Preziosi, presidente del Genoa.
Dal marzo dello scorso anno, Maurizio Beretta è il nuovo responsabile della comunicazione di Unicredit. L’incarico gli è stato proposto quando occupava la poltrona di leader della Lega, che dirige dall’agosto 2009. Da tempo, si dice pronto a farsi da parte per permettere l’insediamento di un nuovo presidente. Ma le cose vanno per le lunghe e Beretta rimane al suo posto. Tra i mugugni e le lamentele che arrivano anche e soprattutto dal Coni, che non gradisce (e lo fa sapere non appena ne ha l’occasione) i suoi modi di fare. Petrucci, presidente del Coni, nel dicembre scorso scoccò la freccia, “In Lega si parla solo di soldi”, che Beretta rispedì al mittente con una prodezza da fuoriclasse: “Fare soldi è il nostro al lavoro”. Tra i due non corre buon sangue e la cosa è nota a tutti. Eppure, come si diceva, lui, Beretta, è ancora al suo posto.
A differenza di Rosella Sensi, per tre anni presidente della Roma, che nel volgere di qualche settimana è passata dall’essere il candidato più probabile alla sostituzione di Beretta all’uscita dalla Lega per la cessione della società giallorossa, causa debiti, a Unicredit. Sì, proprio il gruppo di credito per il quale ha iniziato a lavorare Beretta. Dallo scorso luglio, la Sensi lavora al Comune di Roma come assessore alla promozione della candidatura olimpica della capitale. E di calcio si interessa soltanto nel fine settimana, quando decide di seguire la “sua” Roma allo stadio. Il suo posto in Lega è vacante da mesi. L’assemblea di ieri poteva risolvere il guaio. Ma vuoi per gli abbandoni di Cellino e Zamparini, vuoi per l’assenza dei dirigenti di Roma e Fiorentina, vuoi pure per la mancanza di un accordo dei presidenti votanti sul nome di Preziosi, tutto si è risolto in un nulla di fatto.
Per eleggere il vicepresidente della Lega, sono necessari i voti dei due terzi degli aventi diritto (20). Hanno detto sì a Preziosi 11 presidenti. Per chiudere la questione, ne sarebbero serviti altri 3. Prima di entrare in assemblea, il numero uno del Genoa ha dichiarato “Sono stato definito bancarottiere, difficile che io possa rappresentare la Lega. Sono stato l’unico a pagare nel calcio, con una squalifica di sette anni. Allora perché sono dentro la Lega? Forse qualcuno pensa che io non sia un bancarottiere, al contrario di un giudice spinto dal movimento popolare a Como. C’è molta ipocrisia”. Ipocrisia o meno, è certo che la mancata elezione di Preziosi non ha tolto il sonno a Petrucci. Che da tempo si batte affinché la moralità trovi spazi nelle stanze della Lega calcio. “Sospensione dei dirigenti condannati, anche in primo grado”, questo il suo credo. E Preziosi non rientra nella categoria. Come pure Lotito, presidente della Lazio, condannato per i fatti di Calciopoli, che frequenta la Lega nella veste di consigliere federale perché le norme Coni gli impediscono di fare diversamente.