La norma c’è dal 1994, ma fino a oggi a nessuno a Napoli era venuto in mente di applicarla. Così, i quarantamila extracomunitari residenti in città hanno dovuto aspettare diciotto anni e una delibera ad hoc a firma degli assessori ai Beni comuni e alle Politiche sociali, Alberto Lucarelli e Sergio D’Angelo, prima che il Comune recepisse l’unica parte della Convenzione di Strasburgo ratificata dall’Italia, quella che impegna le Istituzioni nazionali e locali a garantire la possibilità per gli stranieri di avere loro rappresentanti o organi consultivi. In questo caso, un consigliere comunale. Si chiamerà ‘consigliere aggiunto’, e in aula avrà diritto di parola, non di voto. Insomma, non sarà decisivo per l’approvazione di norme e regolamenti, ma avrà il compito di portare in Consiglio le istanze degli extracomunitari presenti in città.
“Si conferma il cammino di questa amministrazione per la costruzione di un modello di partecipazione democratica e inclusiva esteso a tutti i membri della comunità”, ha dichiarato soddisfatto Alberto Lucarelli, mentre nelle stesse ore la Giunta approvava un’altra delibera che estende il diritto al voto per i referendum consultivi locali ai sedicenni, siano essi italiani, comunitari o extracomunitari. Il timore, però, è che si tratti di una iniziativa isolata. Come sottolinea Muhammad Saadi, responsabile immigrazione della Cisl Campania e presidente regionale dell’Associazione nazionale Oltre le frontiere (Anolf): “Le due delibere vanno nella giusta direzione, ma rischiano di restare orfane se non saranno accompagnate da politiche programmatiche e da interventi mirati che possano tracciare un percorso di integrazione solido per gli immigrati a Napoli. Speriamo allora che questo sia il primo passo verso una nuova fase in cui non ci si limiti più ad agire sulle emergenze come è successo finora”.
Entro tre mesi dall’approvazione della delibera in Consiglio la parola passerà dunque agli stranieri residenti, chiamati a votare il loro candidato con modalità del tutto simili alle normali elezioni amministrative. E nella comunità di immigrati c’è già fermento. “Un nome condiviso ancora non c’è”, ammette Jamal Qaddorah, che nella Cgil campana si occupa da anni di immigrati, “ma la rosa di candidati è abbastanza ristretta. Dovremo scegliere tra persone che vivono qui da tempo, in grado di confrontarsi con le Istituzioni, e soprattutto che siano capaci di farsi davvero portavoce di tutti gli extracomunitari, a prescindere dalla loro nazionalità, etnia, religione”. Nessun dubbio, tuttavia, sui primi problemi da portare all’ordine del giorno in Consiglio. “Chiunque sarà eletto – aggiunge Qaddorah – dovrà per prima cosa denunciare le condizioni disperate e inumane in cui versano i rifugiati accolti a Napoli. Se ne dovrebbe occupare per primo l’assessorato regionale alla Protezione Civile, ma in questi mesi l’ha fatto poco e male, come del resto l’intera Giunta regionale”.
Mentre Palazzo San Giacomo apre le porte agli extracomunitari, infatti, a poco più di un chilometro di distanza più di mille rifugiati restano ancora abbandonati al loro destino negli alberghi attorno alla stazione centrale. Senza assistenza sanitaria di base, sfruttati da caporali e in qualche caso anche dagli stessi albergatori che li ospitano, gli stranieri in fuga da guerre e regimi aspettano da mesi un documento che li riconosca rifugiati o anche un permesso di soggiorno per andare via e trovarsi un lavoro. “Sono persone che hanno lasciato la propria terra e i propri affetti per dare dignità e valore alla propria vita, e che si trovano ora a vivere una condizione di incertezza rispetto al proprio destino” ha dichiarato il cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, che ha chiesto alle istituzioni di “assicurare loro certezze assistenziali e un futuro a dimensione umana”. Anche lui sa che quella dei rifugiati a Napoli è una bomba a orologeria pronta a scoppiare. E che difficilmente un consigliere comunale “aggiunto” potrà disinnescare da solo.