Annunciano battaglia le principali sigle a difesa della pesca. La loro protesta si scaglia soprattutto contro il caro gasolio. Molte delle marinerie dell’Adriatico hanno incrociato le braccia per dire che non ce la fanno più a sostenere i costi di gestione. Oggi la scelta di rimanere a terra è stata influenzata anche dal contemporaneo blocco dei trasporti.
L’applicazione dell’Iva sul gasolio, introdotta per la prima volta dal 17 gennaio, come previsto dalla Legge 217 del 15 dicembre 2011, che modifica il testo unico sull’Iva, mette fine alla non imponibilità sulle provviste di bordo.
“Per i pescatori professionali l’applicazione dell’Iva sul carburante potrebbe essere un salasso peggiore di quello prospettato, perché l’aliquota applicata potrebbe non essere al 10% come per l’agricoltura e la pesca in acque interne, ma al 21%”. Lo affermano in un comunicato congiunto Federcoopesca/Confcooperative, Acgi Agrital e Lega Pesca. Il 2012 è iniziato con la peggiore delle notizie per le associazioni del settore ittico, già stremate dai costi del carburante che negli ultimi due anni –dichiarano- ha fatto registrare un più 30%”.
“Al momento la protesta è solo degli armatori, cioè dei padroni delle imbarcazioni, non dei lavoratori”, fa sapere l’ufficio stampa di Flai-Cgil, la federazione dei lavoratori dell’agroindustria. “Si tratta di iniziative personali di varie marinerie in tutte le regioni: noi abbiamo ricevuto segnalazioni da Toscana, Marche, Abruzzo, Veneto e Sicilia”.
“Anche in Emilia-Romagna diverse marinerie sono in uno stato d’agitazione –spiega Sergio Caselli, responsabile di Lega Pesca Emilia-Romagna- per le difficoltà che sta vivendo il settore. Gli aumentati costi del gasolio dovrebbero essere riconosciuti dallo Stato nella denuncia dell’Iva e quindi rimborsati, ma resta il fatto che per chi ha una o più barche costituiscono un esborso notevole, con tempi di recupero del credito che possono diventare molto lunghi”.
La protesta è arrivata dopo mesi e mesi di lotta e di aumento del costo del petrolio al barile e quindi anche del gasolio che alimenta i pescherecci. Ciò incide notevolmente sulle spese di gestione di ogni barca e sui guadagni del comparto ittico, rilevante in tutta la riviera adriatica.
Massimo Pesaresi, direttore della cooperativa lavoratori del mare di Rimini spiega con qualche dato l’influenza che ha l’introduzione dell’Iva. “I pescatori la incassano al 10%, ma la pagano al 21. Quell’11% di differenza dovrebbe venirgli rimborsato, ma non è cosa facile. D’altronde del gasolio non ne possono fare a meno: ne usano dai 700 agli 800 litri al giorno, che gli costano 600-700 euro, a fronte dei 1200 che incassano: più della metà quindi se ne va nel carburante. Se prima poi usufruivano di un abbattimento dell’80% dei contributi sui marinai, ora l’esenzione è scesa al 60% e questo decurta ulteriormente l’incasso finale. Per 72 ore di lavoro alla settimana non arrivano neanche a mille euro e la paga ai dipendenti, rapportata all’incasso, gliela devono comunque assicurare”.
A una situazione generale che non invoglia i pescatori a continuare il loro lavoro va aggiunta la carenza del prodotto. Il pesce è poco e da quando è entrato in vigore il regolamento comunitario 1967/2006, che ha ridotto lo sforzo di pesca, le imprese sono ancora più in crisi.
“I fermi pesca odierni sono le prime reazioni, comprensibili, di un settore che non ce la fa più a sopportare costi diventati troppo esosi” commenta Caselli. “Personalmente però ritengo che uno sciopero non debba essere fine a se stesso, ma finalizzato a un progetto, altrimenti non serve. Lega pesca, assieme alle altre due grandi cooperative nazionali, ha indetto per sabato 28 una manifestazione nelle Marche (in queste ore si stabilirà se a Fano o Civitanova), che sarà l’occasione per fare ascoltare alcune nostre proposte. Chiediamo per esempio che vengano concessi aiuti nella riconversione delle pesca in altre attività come l’ittiturismo o che perlomeno siano garantiti ammortizzatori per l’uscita dal settore”.
Il blocco dei trasporti ha avuto una ripercussione netta anche sulla scelte dei pescatori di andar per mare. “Alcuni di loro –osserva Caselli- hanno deciso di non uscire con le barche per via dello sciopero che interessa i mezzi della distribuzione. Che senso ha tirare su del pesce se poi è impossibile farlo arrivare nei punti vendita?”. E allora sono diverse le imprese di Rimini, Cesenatico che hanno sospeso la pesca. A Goro invece hanno scelto di interrompere la raccolta delle vongole.
“Purtroppo a fronte di queste proteste ci saranno ripercussioni forti sull’economia locale” è il commento di Andrea Pascucci, presidente di Federconsumatori Rimini. A settembre 2012 poi si prospetta un nuovo aumento dell’Iva. Per noi rappresenta una delle manovre più inique che si possano prevedere, perché colpirà solo i settori meno ricchi del Paese”.
La preoccupazione è palpabile anche tra i tavoli dei ristoranti di pesce. Vittorio Pari della trattoria riminese “da Marinelli” ammette: “Sia a Rimini che a Cesenatico le barche sono tutte ferme. Oggi non è arrivato pesce. Stiamo cercando di capire quanto durerà lo sciopero. C’è chi parla addirittura di una settimana, ma dipenderà anche da quello dei tir. Proveremo ad arrangiarci chiedendo ai magazzini ciò che hanno in scorta, oppure –ride sconsolato- chiuderemo per ferie”.